Una “pazza” idea contro il global warming: simulare eruzioni vulcaniche!

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L’idea che le eruzoni vulcaniche possano cambiare il clima, raffreddandola Terra per via delle ceneri che andrebbero a oscurare il sole (com’è già successo per il Tambora nel 1815 e per il Pinatubonel 1991), affascina tutti gli appassionati, amanti di freddo e neve, spesso frustrati dall’aumento delle temperature degli ultimi decenni e pronti ad appigliarsi anche a grandi catastrofi naturali pur di vedere una grande nevicata nella loro località.
Adesso, però, l’idea di oscurare il sole con le particelle delle eruzioni vulcaniche in modo tale da contrastare il riscaldamento globale è venuta ad alcuni scienziati che hanno pensato a un’arma estrema: immettere nella stratosfera particelle che schermano la luce del sole tramite dei “vulcani artificiali”.
L’idea si basa sull’osservazione della natura: si è infatti constatato, per esempio, come dicevamo, che nel 1991 l’eruzione del Pinatubo (Filippine) immise nella parte più alta dell’atmosfera una tale quantità di solfati da causare la riduzione della temperatura media globale di 0,5 gradi per due anni.

Un vulcano artificiale consisterà in un enorme pallone aerostatico, grande come un campo di calcio, sospeso a 20 km di altezza e collegato al suolo con un lungo tubo di gomma. Attraverso il tubo verranno pompate e poi liberate a quell’altezza particelle idonee a schermare la radiazione solare: secondo gli esperti sostanze come argilla, sali e ossidi metallici sono ancora più efficaci dei solfati emessi dai vulcani naturali.

Gli scienziati hanno stimato che, usando 10 o 20 “vulcani” di questo tipo, si potrebbero rilasciare materiali per 10 milioni di tonnellate: una quantità sufficiente a ridurre di 2 gradi la temperatura media globale. Per praticità, i giganteschi palloni potranno essere dislocati in mare aperto.

Il progetto, chiamato Stratospheric Particle Injection for Climate Engineering (Spice) è guidato da Matt Watson, professore di scienze della Terra all’Università inglese di Bristol, e prevede come primo passo una sperimentazione in scala ridotta: in una normale mongolfiera, sospesa a un chilometro di quota, verrà pompata dell’acqua, che in seguito evaporerà o cadrà a terra sotto forma di lieve pioggia.
L’esperimento sarà condotto nei prossimi mesi in un aeroporto abbandonato vicino a Fakenham (Inghilterra orientale) sotto la guida di Hugh Hunt, docente di ingegneria all’Università di Cambridge, e servirà a ricavare dati in base ai quali valutare la fattibilità del progetto su vasta scala.

Per approfondimenti: http://www.livescience.com/16070-geoengineering-climate-cooling-balloon.html

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