Immagini scattate negli ultimi 5 anni dalla macchina fotografica ad alta risoluzione della Mars Reconnaissance Orbiter della Nasa, indicano che su Marte potrebbe esserci acqua allo stato liquido. Sono decenni che gli scienziati cercano probabili tracce di acqua liquida, ma negli ultimi anni si era arrivati alla conclusione che il pianeta fosse arido, composto ai poli da ghiaccio “secco”. Lo scorso Agosto però gli scienziati hanno notato decine di striature in tutto l’emisfero meridionale di Marte dove sono evidenti striature scure non rilevate in precedenza, che sembrano andare e tornare con l’avvento delle stagioni. Quando il pianeta si riscalda per l’estate marziana le striature sembrano espandersi in discesa, e scompaiono del tutto durante la stagione invernale. Gli scienziati pensano che possa essere la prova della presenza di acqua salata allo stato liquido. Cinque sequenze di immagini dal cratere Newton e uno dal cratere Horowitz mostrano le linee nere apparire nei pressi della cima per poi diradarsi in decine di strisce che rimangono per mesi fino al ritorno della stagione fredda. Nel caso del cratere Newton ne sono state osservate circa 1000. Se confermata, la scoperta avrebbe cambiato radicalmente la nostra comprensione di Marte, dando supporto alla teoria che il pianeta una volta era molto più umido e caldo, dando una speranza in più ai sostenitori della vita marziana. Circa 120 anni fa, però, almeno un astronomo importante era convinto che su Marte potesse esserci vita. Uno tra loro, Schiaparelli, credeva addirittura che eventuali popolazioni marziane avessero costruito dei canali a livello globale per distribuire l’acqua proveniente dalle calotte polari al pianeta. Egli scriveva: « Piuttosto che veri canali della forma a noi più familiare, dobbiamo immaginarci depressioni del suolo non molto profonde, estese in direzione rettilinea per migliaia di chilometri, sopra larghezza di 100, 200 chilometri od anche più. Io ho già fatto notare altra volta, che, mancando sopra Marte le piogge, questi canali probabilmente costituiscono il meccanismo principale, con cui l’acqua (e con essa la vita organica) può diffondersi sulla superficie asciutta del pianeta ». Nonostante i dubbi iniziali, Percival Lowell divenne un grande sostenitore di questa teoria. Fu il più grande divulgatore dell’epoca e i suoi libri furono molto letti in tutta l’America. I canali di Marte con il tempo divennero una vera e propria ossessione scientifica, tanto da catturare l’immaginazione popolare attraverso decine di articoli giornalistici e riviste di fantascienza. Nonostante i famigerati canali erano soltanto un effetto ottico degli strumenti dell’epoca, il nome di Lowell è rimasto negli annali dell’astronomia. Lowell infatti dedicò la sua vita a queste osservazioni, fondando e finanziando uno dei più grandi osservatori dell’epoca: posto su una vetta a 2195 metri s.l.m., nei pressi di Flagstaff in Arizona, Lowell chiamò l’osservatorio Mars Hill (La collina marziana). Osservò per intere notti il pianeta marziano con il suo grande rifrattore da 24 pollici, costruito nel 1894. Con lo stesso telescopio, nel 1930, Clyde Tombaugh scoprirà il pianeta nano Plutone. Attualmente l’osservatorio Lowell ospita 80.000 visitatori l’anno, e nel prossimo futuro, probabilmente nel 2012, verrà completata la costruzione del telescopio da 4,3 metri. Insomma, una ricerca che va avanti da secoli. Sarà la volta buona?