E’ una lotta contro il tempo quella che si combatte in queste ore in Nuova Zelanda, dove si lavora per cercare di arrestare la marea nera che esce dalla nave cargo Rena, incagliatasi lo scorso mercoledi’ sulla barriera corallina al largo della costa settentrionale dell’isola. Delle 1.700 tonnellate di gasolio a bordo, finora ne esco uscite circa 350, mentre se ne prevede la perdita di altre 130-350 tonnellate, con la crepa che si allarga sempre di piu’. “La quantita’ di combustibile che e’ uscita nelle ultime 24 ore e’ cinque volte superiore rispetto all’inizio della catastrofe” ha sottolineato il ministro dell’Ambiente, Nick Smith, definendolo il peggiore disastro ambientale mai avvenuto nel Paese, in una zona tanto famosa quanto delicata per la sua ricca biodiversita’. Contro gli sforzi dei soccorritori, gioca anche l’incognita meteo: le condizioni atmosferiche sono peggiorate e non si prevedono miglioramenti. Il rischio e’ che la nave cargo si spezzi in due, rovesciando in mare tutto il suo carico. “Le cose cambiano di continuo, il meteo non gioca a nostro favore ma contro di noi“, ha sottolineato la direttrice dell’Autorita’ Marittina neozelandese (Mnz), Catherine Taylor, puntando il dito contro “le previsioni che non sono buone“. Il petrolio ha gia’ raggiunto Bay of Plenty, colpendo pesci, pinguini e uccelli marini, ritrovati morti o ricoperti dalla miscela nera. Squadre di salvataggio sono all’opera per cercare di limitare i danni: nonostante gli appelli delle autorita’ a non avvicinarsi, gruppi di cittadini si sono organizzati per soccorrere gli animali in difficolta’, mentre specialisti dall’Australia, Gran Bretagna, Olanda e Singapore sono volati in Nuova Zelanda per dare il loro contributo.