Il protocollo di Kyoto non morira’ alla fine del 2011: alla seconda fase aderiranno pochi paesi, una volta definita la road map concreta verso il nuovo accordo globale, dopo il 2015. E’ questo lo scenario che si va delineando secondo Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club, alla vigilia della conferenza Onu sul clima di Durban.
Dopo il 2015 infatti la ‘green economy’ avra’ conquistato un peso sempre piu’ rilevante nell’economia di un paese come la Cina, ma anche nell’Ue e negli Stati Usa, a partire dalla California. ”A Durban si trovera’ il modo di prendere tempo – spiega Silvestrini – e intanto partira’ una seconda fase del protocollo di Kyoto, che vedra’ sicuramente in campo l’Unione europea e paesi come Norvegia, Australia e Nuova Zelanda”, che pero’ contano appena il 15% delle emissioni mondiali. Contrari a proseguire rimangono per ora Russia, Giappone e Canada. Di fronte all’emergenza clima, che necessita di regole certe e obiettivi ambiziosi, e’ chiaro come la diplomazia non sia in grado di dare una risposta immediata. La principale ‘scusa’ e’ che gli Usa non hanno adottato nessuna legge per la riduzione delle emissioni di gas serra, anche se alcuni Stati ed enti locali invece si stanno gia’ dando da fare. ”Qualsiasi governatore abbia, la California – afferma Silvestrini – tiene dritta la barra sull’efficienza energetica e ha fissato l’obiettivo di produrre un terzo dell’elettricita’ da fonti verdi per il 2020”. Un’altra variabile in movimento e’ la Cina, il piu’ grande emettitore di CO2 e dove per ora impera la lobby del carbone e dell’industria pesante. ”Allo stesso tempo – afferma Silvestrini – la Cina e’ il primo produttore di aerogeneratori e fotovoltaico, al primo posto per installazione di eolico e presto anche per il solare. Si tratta di un settore in rapida crescita e fra il 2015 e il 2020 e’ possibile che sposti la posizione di Pechino a favore di un accordo globale”. Nell’Ue l’economia numero uno, che e’ la Germania, ha preso la strada della green economy e ha gia’ 370mila addetti nell’industria delle rinnovabili.
Come andra’ avanti il protocollo di Kyoto nella seconda fase? ”Il mercato delle emissioni di CO2 ora e’ in un clima di attesa – spiega Silvestrini – e non si fanno investimenti. Se si definisce la road map da qui al 2015 per un accordo globale, rimarra’ in vita per un numero limitato di compratori, soprattutto europei. Ed e’ auspicabile che rimangano anche i meccanismi del Clean development mechanism (Cdm) e Joint implementation (Ji)” che consentono di ottenere crediti dai progetti nei paesi in via di sviluppo e nei paesi dell’Est.
Protocollo di Kyoto: si delinea una road map entro il 2015
