Isola del Giglio, Legambiente lancia l’allarme: “inquinamento già significativo”

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La marea nera minaccia l’arcipelago toscano e la costa maremmana. A lanciare l’allarme e’ legambiente preoccupata per il rischio di una catastrofe ambientale determinata dal disastro della Concordia al Giglio. Secondo l’associazione ambientalista, la biodiversita’, la fauna e la flora marina dell’area, al di la’ del possibile e gravissimo sversamento di olio combustibile, sono gia’ duramente aggredite da tutte le sostanze tossiche e i materiali presenti nella nave: dalle vernici, ai solventi, dagli oli lubrificanti ai detersivi fino ai reflui sanitari e ai metalli. ”Chiediamo un intervento urgente e articolato della Commissione Europea a supporto delle istituzioni nazionali per questa emergenza internazionale al fine di scongiurare la catastrofe ambientale e limitarne il piu’ possibile i danni e le conseguenze che sarebbero di enorme portata per l’ecosistema marino e costiero dell’Arcipelago Toscano e della costa maremmana” dichiara Sebastiano Venneri, responsabile nazionale per il mare di Legambiente. Per Venneri, inoltre, “e’ auspicabile un intervento concreto dell’International Maritime Organization per dare, come gia’ annunciato dal Governo nazionale, un segnale chiaro ed esplicito che proprio a partire dal disastro della Concordia ponga le condizioni, nel nostro paese e a livello internazionale, per un controllo accurato e un’interdizione nelle aree sensibili delle rotte seguite dai grandi natanti da crociera e per i trasporti pericolosi”.
Legambiente sottolinea l’importanza di intervenire con la massima tempestivita’ per scongiurare la possibilita’ che alla grave tragedia umana si aggiunga quella di carattere ambientale. Infatti, in un rapporto consegnato dagli esperti dell’Ispra al Ministro dell’Ambiente si evidenziano 3 scenari possibili che impongono di accelerare i tempi per recuperare le 2380 tonnellate di combustibile ancora oggi rinchiuse all’interno delle 12 cisterne della Concordia. Il primo scenario prevede lo scivolamento della nave dallo scalino su cui e’ poggiata fino a 60-80 metri di profondita’, mantenendo i serbatoi integri: in questo caso, tramite l’impiego di robot subacquei, si interverrebbe per mettere in sicurezza il combustibile ma con un rilascio controllato degli idrocarburi che avrebbe conseguenze significative su buona parte dell’ecosistema marino. Il secondo scenario, paragonabile all’incidente della nave da crociera Sea Diamond affondata nel 2007 davanti all’isola greca di Santorini, prevede l’affondamento della nave con la rottura delle cisterne e il rilascio di tutte le 2800 tonnellate di olio combustibile, con conseguenze ancora piu’ gravi e un impatto fortemente aggressivo sulla ricchissima biodiversita’ presente in questo tratto di mare.
Il terzo scenario, invece, e’ il piu’ catastrofico in quanto prevede la possibilita’ che la nave affondando non abbia rotture e squarci direttamente verso l’esterno, ma tramite frantumazioni interne al natante gli idrocarburi migrino nei locali della nave con un rilascio ‘continuo e prolungato’: la compromissione dell’ecosistema marino sarebbe gravissima e con fortissime ripercussioni per lungo tempo paragonabili all’incidente della Rena nella costa orientale della Nuova Zelanda. Per scongiurare questi tre scenari, spiega Angelo Gentili, della segreteria nazionale di Legambiente, “occorre intervenire con la massima rapidita’ per svuotare le cisterne dopo aver scaldato il carburante, che si e’ condensato, e renderlo liquido. Svuotare dal combustibile la nave nella posizione attuale sarebbe la soluzione migliore per evitare un disastro ambientale di vastissime proporzioni, anche se il peggioramento delle condizioni meteorologiche e la presenza di forte vento e mare mosso potrebbero, oltre che mettere a dura prova la capacita’ d’intervento dei soccorsi, provocare lo spostamento e il relativo affondamento della nave”.

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