Acqua, Legambiente: “l’Italia ne è ricca ma gli italiani ne sprecano tanta”

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Italia ricca di acqua, con 2800 metri cubi per abitante l’anno, ma sprecona e con tecnologie di utilizzo obsolete che ne favoriscono la dispersione. Lo dice Legambiente nel suo rapporto annuale Ambiente Italia 2012, dedicato quest’anno al tema “Acqua bene comune, responsabilita’ di tutti”, realizzato in collaborazione con l’Istituto Ambiente Italia e presentato questa mattina a Roma. Tra i paesi piu’ ricchi di risorse idriche, il Belpaese ha una disponibilita’ teorica di circa 52 miliardi di metri cubi, distribuiti in tutta la penisola, che in termini reali diventano 1975 metri cubi per abitante all’anno nel Nord-Est, per scendere a 220 metri cubi per abitante all’anno in Puglia. La quota media disponibile, si legge nel documento, e’ comunque di 400 metri cubi per abitante, dieci volte superiore alla quantita’ dei paesi del sud del Mediterraneo. Una ricchezza di acqua che non mette tuttavia il paese al riparo dalla scarsita’ idrica nei mesi caldi. E’ il settore agricolo il principale utilizzatore di acqua, con almeno 20 miliardi di metri cubi l’anno, seguito da quelli civile (9 miliardi l’anno), industriale (8 miliardi l’anno) e quello della produzione di energia (circa 5 miliardi l’anno). Il prelievo eccessivo (pari a 40 dei 52 miliardi di metri cubi disponibili), osserva Legambiente, provoca problemi di qualita’ delle acque superficiali e sotterranee perche’ questo sfruttamento non permette la circolazione idrica naturale necessaria a mantenere vivo l’ecosistema e a diluire gli inquinanti nei fiumi e nelle falde.

Quantita’ e qualita’, prosegue l’associazione ambientalista, “in questo caso vanno di pari passo e per questo bisogna puntare ad aumentare le portate negli alvei e nelle falde, se si vuole raggiungere entro il 2015 il buono stato di qualita’ dei corpi idrici, previsto dalla direttiva quadro comunitaria 2000/60”. Il cattivo utilizzo dell’acqua nel settore agricolo, prosegue il rapporto, dipende da sistemi di irrigazione vecchi e inefficienti che se venissero ammodernati porterebbero a un risparmio fino al 30%. Ulteriori riduzioni sarebbero inoltre possibili scegliendo colture piu’ resistenti alla siccita’ e, ancor piu’, combattendo le produzioni in eccedenza e gli sprechi alimentari.

Nel nostro Paese, si legge ancora nel documento, rimangono ancora irrisolti i problemi relativi agli scarichi inquinanti civili e industriali, ai depuratori malfunzionanti e all’artificializzazione dei corsi d’acqua. Delle 549 stazioni di monitoraggio censite nell’annuario 2010 dell’Ispra, solo il 52% raggiunge o supera il ‘buono stato”, il 35% delle stazioni e’ in condizioni appena sufficienti e quasi un terzo e’ in uno stato scarso o pessimo.”E questa situazione si verifica non solo nelle aree dove mancano le fognature e i depuratori ma anche dove la rete e’ funzionante gia’ da anni – ha osservato Giulio Conte, dell’Istituto Ambiente Italia – E’ evidente la necessita’ di intervenire nel settore idrico non solo completando l’infrastruttura di base ma anche diffondendo approcci e tecniche innovativi come sanitari a basso consumo, sistemi per la raccolta della pioggia e il riuso delle acque grigie”. “Il referendum del giugno scorso – ha osservato il presidente nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza – rappresenta un punto di svolta e di non ritorno, senza possibilita’ di equivoci. La maggioranza degli italiani ha dichiarato che l’acqua e’ un bene comune e come tale va gestita. Ma – ha proseguito – se il referendum da’ una chiara indicazione sulla direzione da seguire, ancora non si dice cosa bisogna fare per risanare e qualificare tutto il ciclo dell’acqua. Non basta – ha concluso – preoccuparsi solo del segmento dei consumi compatibili”.

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