Venti fino a 180 km/h in Groenlandia e colossali ondate di 14 metri; il riepilogo della grande tempesta atlantica

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Il profondo ciclone extratropicale, che dalle coste orientali canadesi, presso Terranova, si è spostato in direzione delle coste sud-orientali groenlandesi, scorrendo lungo il margine settentrionale dell’anticiclone delle Azzorre attestato con i suoi massimi tra le omonime isole e la penisola Iberica (che inizia a patire una preoccupante fase siccitosa per la vicinanza dell’alta pressione oceanica), come previsione, si è rapidamente approfondito, fino a diventare una spettacolare “depressione-uragano”, con un gigantesco ricciolo ciclonico che ha solcato tutto l’Atlantico settentrionale, raggiungendo le coste centro-meridionali norvegesi e le isole Britanniche, propagandosi successivamente al mar del Nord, Danimarca, Olanda, Belgio, Francia, fino a lambire il nord della Spagna, fra il golfo di Biscaglia e i Pirenei. L’analisi sinottica del Met-Office (il prestigioso ufficio meteorologico britannico) ha stabilito che il profondissimo ciclone extratropicale, nella prima mattinata di mercoledi 7 Marzo, avrebbe toccato un minimo assoluto di ben 943 hpa, centrato poco a nord delle coste islandesi, sullo stretto di Danimarca.

Il profondissimo ciclone extratropicale sceso sui 943 hpa

In alcune stazioni dell‘isola i barometri sono temporaneamente scesi al di sotto dei 950-949 hpa. I 943 hpa, finora, rappresentano il valore più basso mai toccato da una tempesta extratropicale in questo inizio 2012. Muovendosi progressivamente verso nord-est e usufruendo, al contempo, dell’interazione fra il “Jet Stream sub-tropicale”, risalente direttamente dall’area caraibica, e il “Polar Jet”, in discesa dall’artico canadese, la potente area ciclonica ha trovato gli ingredienti ideali per approfondirsi ulteriormente e strutturarsi alle varie quote. Un altro elemento, indispensabile al suo rapido rinvigorimento, è stato il costante supporto di un enorme blocco di aria molto gelida, d’estrazione artica, che dai Territori del Nord-ovest (artico canadese) e dalla baia di Baffin si è tuffata sullo stretto di Davis, complice la presenza di una cellula anticiclonica di oltre i 1020 hpa fra la baia di Hudson e lo stretto di Davis, invadendo anche il settore occidentale del Plateau ghiacciato groenlandese, dove sono giunte isoterme sui -24° -25° alla quota di 850 hpa che hanno determinato anche un brusco raffreddamento, con deboli nevicate che a causa dei venti violenti hanno assunto carattere di bufera sulle coste meridionali della Groenlandia.

Nel corso della mattinata di mercoledi 7 Marzo il profondissimo minimo barico, sceso fino ad un valore da capogiro di ben 943 hpa, si è posizionato proprio sullo stretto di Danimarca, nel tratto antistante quel settore della Groenlandia orientale noto anche come Terra di Re, li dove sorge il Gunnbjorns Fjeld, che con i suoi 3700 metri rappresenta il rilievo più alto che emerge dalla calotta polare groenlandese (residuo dell’ultima era glaciale). Bordando le coste orientali della Groenlandia l’imponente “depressione-uragano” ha creato un notevolissimo squilibrio barico, inasprito dalla presenza di un robusto promontorio anticiclonico con massimi di 1036-1037 hpa sul vicino Atlantico fra Azzorre e Portogallo, che dal Plateau groenlandese si è esteso a tutto il nord Atlantico e l’Islanda, lambendo il Regno Unito e le coste norvegesi, raggiunte dall’impetuoso richiamo meridionale, con forti venti da Sud e S-SE che anticipavano l’avanzata dell’annesso sistema frontale. Ma ancora più impressionante è il “gradiente barico” (forti differenze di pressione) che si è venuto a sviluppare proprio sulla Groenlandia meridionale, fra le coste occidentali affacciate allo stretto di Davis e quelle orientale che degradano verso l’Atlantico settentrionale.

Il fortissimo "gradiente barico", con differenze di oltre i 60 hpa, concentrato sulla Groenlandia meridionale

Qui, a causa della presenza di una cellula di alta pressione sui 1020 hpa, che dai Territori del Nord-ovest (artico canadese) si estendeva fino alla baia di Baffin e allo stretto di Davis, mentre lungo le coste orientali della Groenlandia permanevano isobare strettissime e ravvicinate fra loro, con valori scesi al di sotto dei 960-950 hpa, si è venuto a sviluppare un formidabile “gradiente barico”, con differenze di ben oltre i 60 hpa fra le coste opposte, come ben evidenziato pure dalle mappe sinottiche nella notte fra martedi 6 e mercoledi 7 Marzo. Questo fittissimo “gradiente” che ha interessato buona parte del Plateau ghiacciato gronlandese, soprattutto nella parte meridionale, ha generato venti davvero violenti, in genere da O-NO e NO, che dall’altopiano interno sono scesi a gran velocità verso le coste meridionali, con raffiche “cataibiche” (vento discendente) aventi intensità di uragano, specie lungo le coste sud-orientali, da Ikermiit fino all’area di Capo Farvel e le isole limitrofe. Lungo le coste sud-orientali groenlandesi, all’uscita di alcuni fiordi, sarebbero state registrate raffiche fino a 180-190 km/h che hanno sollevato grossi turbini di neve e ghiaccio dall‘altopiano interno, con un esteso “Scaccianeve” che ha determinato drastiche riduzioni della visibilità orizzontale. La massima raffica, fra le stazioni groenlandesi, è stata registrata a Prins Christian Sund, che sarebbe uno stretto che separa un gruppo di piccole isole dall’estrema punta meridionale della Groenlandia, dove il fortissimo vento da Ovest avrebbe toccato una raffica di picco di ben 172.3 km/h. Da segnalare pure gli oltre 40 mm di precipitazione caduta durante le tempeste, quasi tutta in forma nevosa. Raffiche da O-NO fino a 140 km/h, registrate però nella giornata di martedi 6 Marzo, sono state segnalate a Ikermit, mentre a Angisoq il forte vento da O-NO ha superato i 131 km/h, dopo una raffica di ben 139 km/h, da NO, stabilita sempre martedi 6 Marzo.

Folate da NO, fino a 107-109 km/h (certo niente di eccezionale rispetto alle altre località), hanno interessato anche la stazione di Nunarsuit. Venti molto forti, fra N-NE ed E-NE, hanno investito anche la parte centrale del Plateau, con raffiche molto intense registrate pure dalla stazione di Summit (ad oltre 3000 metri di quota), e le coste orientali, tra la Terra di Re Cristiana e la Terra di Scoresby, collocate ad ovest del profondissimo minimo barico. Qui però i venti orientali, o più da NE, non sono divenuti violenti come sulla Groenlandia meridionale, dove si è concentrato gran parte del “gradiente barico”. Oltre al fortissimi vento, prodotto direttamente dal forte “gradiente”, si è sommato pure il cosiddetto vento “Isallobarico”, che è generato da una rapida caduta di pressione su un’area molto vasta, a seguito del passaggio ravvicinato di una profonda area ciclonica. Rispetto al comune vento di “gradiente” il vento “Isallobarico” agisce come una sorta di grande onda atmosferica che permette alle masse d’aria di spostarsi il più rapidamente possibile da un’area di alta pressione a un’altra di bassa pressione limitrofa. Ciò ha dato origine a venti molto violenti che seguendo la curvatura delle isobare si sono propagati velocemente verso l‘Atlantico settentrionale, in pieno oceano, laddove la mancanza di ostacoli orografici ha permesso alle correnti di toccare velocità ragguardevoli, con picchi fino a 190-200 km/h, degni di un uragano di 3^ categoria.

Per fortuna le tempeste più violente hanno spazzato il vasto tratto oceanico, compreso fra la Groenlandia meridionale, le coste meridionali islandesi, l’Irlanda del Nord, risparmiando cosi di interessare più direttamente l’Islanda e le isole Britanniche, dove si sarebbero generati enormi danni e disagi. L’Islanda, nella notte fra martedi 6 e mercoledi 7, con il transito verso nord-est del profondissimo minimo di 943 hpa, ha risentito solo di venti molto forti, tra S-SO e O-SO, che solo localmente, lungo le coste meridionali dell’isola, hanno oltrepassato i 100-110 km/h, con folate localmente più forti nei tratti costieri maggiormente esposti agli impetuosi venti sud-occidentali. La profonda circolazione depressionaria ha pilotato forti venti da SO anche sull’Irlanda del Nord, sulle coste scozzesi e sui vari arcipelaghi, come le Ebridi, le Shetland e le Orcadi.

L'intenso ciclone extratropicale ripreso dal satellite Meteosat

Lungo il mar di Norvegia e sulle coste norvegesi, l’avanzata del possente ciclone extratropicale, in spostamento verso nord-est, visto la presenza di un robusto anticiclone proiettato verso le Repubbliche Baltiche e la Finlandia, è stata preceduta da un intenso richiamo mite pre-frontale, caratterizzato da impetuosi venti da Sud e S-SE che dal mar del Nord sono risaliti verso il mar di Norvegia, piegando in seguito più verso SE ed E-SE, spingendosi in direzione delle coste orientali groenlandesi. I venti da Sud e S-SE, con intensità di tempesta, hanno solamente bordato i fiordi della Norvegia centro-meridionale, da Bergen ad Alesund, mentre le raffiche di picco, ad oltre 130-140 km/h, sono state registrate da molte piattaforme antistanti le coste del paese scandinavo. Nella piattaforma di Gullfax, nella giornata di ieri, il fortissimo vento da Sud ha raggiunto una velocità di oltre i 140 km/h, con diverse raffiche over 130 km/h. Sulle coste norvegesi invece i forti venti meridionali, spesso con una componente trasversale rispetto l’orientamento topografico del territorio norvegese, sono risultati più contenuti. Nella città di Bergen le raffiche, tra S-SE e Sud, hanno toccato i 90 km/h, mentre in molte altre località non si è andati oltre i 70-80 km/h, a parte i 108.1 km/h di Svinoy Fyr. I forti venti meridionali si sono attenuati dal pomeriggio e dalla serata successiva.

Pontenti mareggiate hanno flagellato le coste occidentali dell'Irlanda e della Scozia, con onde alte fino a 10 metri

Le tempeste che hanno sferzato l’Atlantico settentrionale hanno generato onde alte più di 10-12 metri che si sono spinte molto rapidamente verso le isole Far Oer, le coste nord-occidentali irlandesi e quelle occidentali scozzesi, in particolare le scogliere occidentali delle isole Ebridi, le Shetland e le Orcadi, flagellate da violente mareggiate, con ondate spettacolari fino a 10 metri di altezza. Dentro le tempeste di vento più violente, relegate nel tratto di oceano a sud dell’Islanda, si sono formate ondate veramente gigantesche, che hanno raggiunto e superato anche i 13-14 metri, rendendo proibitiva la navigazione marittima, anche per le navi di media e piccola stazza. Nonostante l’attenuazione dei venti, che spireranno sempre forti o molto forti, tra O-SO e SO, in buona parte dell’Atlantico settentrionale, le forti mareggiate continueranno a colpire le coste nord-occidentali irlandesi, le isole Ebridi, le Shetland e le Far Oer anche nei prossimi giorni, con ondate alte fino a 9-10 metri che andranno a infrangersi rumorosamente lungo le alte scogliere che caratterizzano l’Irlanda occidentale e gli arcipelaghi a largo delle coste scozzesi e le coste meridionali dell’Islanda, in particolare l’estrema sezione sud-occidentale, dove giungeranno frangenti alti fino a 8-10 metri. Le mareggiate, generate dai forti venti da SO e O-SO, proseguiranno anche fino alla giornata di venerdi e sabato, data l’insistenza dell’ampia circolazione ciclonica che dalla Groenlandia si estenderà alla penisola Scandinava, contrapponendosi ad un robusto anticlone delle Azzorre, con massimi superiori ai 1035-1037 hpa, che si allargherà con i propri elementi fino alla Spagna e alla Francia, creando cosi un fitto “gradiente barico” su gran parte dell’Atlantico settentrionale.

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