Non vanno in vacanza, l’estate e’ la loro stagione. E il 2012, che si e’ distinto per afa e temperature da record lungo tutto lo Stivale, e’ un anno di festa per gli ‘altri inquilini’ di mari e citta’: meduse, tracine, anisakis da un lato, blatte, cimici dei letti, zanzare e addirittura i parassiti dei tarli dall’altro. Due fronti caldi, come dimostra su tutti il caso di Napoli, alle prese con una maxi-invasione di scarafaggi. “Ma non e’ raro che una citta’ si trovi a fare i conti con questi animaletti. Prima o poi gli insediamenti urbani si misurano con l’arrivo di diverse comunita’ di blatte, animale che ci ha preceduto sulla terra e che domina la situazione”, spiega Augusto Scirocchi, specializzato in entomologia medica, per anni a capo del Servizio di disinfestazione del Comune di Roma. “C’e’ la blattella germanica, detta ‘fuochista’ perche’ predilige le alte temperature e un tempo si trovava facilmente vicino alle caldaie nelle navi. In citta’ si trovano soprattutto nei bar vicino alle macchine da caffe’ e nei ristoranti, soprattutto nelle cucine dove ci sono fonti di calore. In estate si assiste a una recrudescenza della loro proliferazione, perche’ gli animali che non hanno sangue caldo si riproducono piu’ rapidamente quando la colonnina al mercurio si impenna”. Altra comunita’ molto attiva e’ la blatta orientalis che ha dimensioni piu’ grandi e “vive principalmente nelle fognature e proprio da li’ entra nelle case, soprattutto quelle vecchie che non hanno soluzioni di continuita’ con la rete fognaria e adeguato isolamento. Cosi’ le blatte se ne vanno a spasso per l’appartamento. In estate aumentano di numero e, come e’ successo anche a Roma, escono numerose dai tombini delle strade, soprattutto di sera”, racconta Scirocchi. “Per tenerle a bada e’ necessaria una ristrutturazione per gli stabili molto vecchi, i piu’ a rischio, e trattamenti insetticida per i tombini”. E, come se non bastassero le specie europee, ci si mettono anche quelle d’importazione, sottolinea l’esperto: “La Supella longipalpa, appassionata di climi roventi, importata dalla costa africana con i rientri dei coloni italiani e francesci da Algeria, Tunisia, Libia, e cosi’ via. E la gigante ‘periplaneta americana’, svolazzante e di casa soprattutto al Meridione”. Da un lato l’emergenza blatte, dall’altro il ritorno della cimice dei letti, un insetto ‘globetrotter’ del quale si erano perse le tracce. Il parassita e’ tornato a colonizzare le citta’ italiane, la frenetica Milano in particolare.
La cimice dei letti viaggia in valigia, si nasconde nelle camere d’albergo ed e’ irresistibilmente attratta dall’uomo, il suo ‘pasto’. Questo animaletto insidioso che si nutre di sangue e copre la sua vittima di punturine, spesso una in fila all’altra e non dissimili da quelle di una zanzara, ha messo in allerta le autorita’ sanitarie che ricevono sempre piu’ segnalazioni negli ultimi anni. L’industria alberghiera e’ la piu’ attaccata ma nel mirino ci sono anche treni, autobus di linea, navi, aerei. Neanche i negozi e le abitazioni sono al sicuro e in citta’ come New York, simbolo della globalizzazione, lo sanno bene. “Ma chi se le ritrova in casa puo’ averle importate anche comprando mobili nei mercatini dell’usato perche’ queste cimici si nascondono nei mobili che in genere si tengono vicino al letto”. Dalle ‘piaghe’ di chi resta in citta’ a crucci da spiaggia il passo e’ breve. Se si sceglie il mare come meta di vacanza ci si trova spesso a condividere lo specchio d’acqua in cui ci si immerge con altri ‘condomini’, “spesso invisibili fino a quando il dolore non rivela la loro presenza”, avverte Scirocchi. Il classico dei mari italiani sono le meduse e tracine. Queste ultime abitano i fondali sabbiosi. “Il consiglio, se viene segnalata la presenza di un esemplare, e’ immergersi con le scarpette di gomma, perche’ quasi sicuramente in zona c’e’ una comunita’ di tracine al completo nascosta sotto la sabbia. In caso di puntura vale la regola del calore: si pensi che i pescatori per provare sollievo avvicinano la sigaretta alla puntura perche’ le tossine sprigionate dalle tracine sono termolabili. L’acqua calda allo stesso modo dovrebbe dare qualche giovamento”. Conoscere in tempo le zone piu’ a rischio di invasione di meduse e’ un terno al lotto. “Il loro ciclo di vita e’ molto complicato, e la loro presenza dipende da troppi fattori: dalla temperatura dell’acqua alle correnti (alle quali non riescono a opporsi), dalle condizioni del mare alla ‘location scelta per gli accoppiamenti, fino ai passaggi di plancton”.
La specie piu’ vistosa – grossa bianca e gelatinosa, con un bordino celeste – e’ il polmone di mare ed e’ la meno pericolosa visto che il mantello non e’ urticante. La piu’ cattiva e’ la pelagia noctiluca, luminescente di notte. “Queste meduse hanno un sistema urticante che e’ dato da piccole vescicole sparse in tutto il corpo dentro le quali si trova il liquido urticante e un filamento che possiamo paragonare a una molla. Quando lo sfiori scatta e perfora la pelle e fa si’ che il veleno entri dentro – spiega Scirocchi – Gli esperti suggeriscono di sciacquare la parte colpita con acqua di mare proprio per evitare la rottura di questi filamenti che aggrava la situazione. In presenza di ampie ustioni e’ bene consultare un medico e lasciar perdere i rimedi fai-da-te”. E per la serie delle ‘micro-insidie’ invisibili, dal mare arriva l’anisakis, verme parassita noto agli appassionati di sushi. “In realta’ lo troviamo anche sulle alici e sul pesce azzurro. A rischio – spiega l’esperto – e’ chi ama mangiarlo crudo. Questo vermetto e’ lungo qualche millimetro e potrebbe anche essere visibile a un occhio esperto. Ma il problema e’ che puo’ incistarsi nello stomaco o nell’intestino. E a quel punto solo un bravo endoscopista puo’ vederlo e toglierlo. Ci sono pero’ casi in cui i sintomi provocati vengono scambiati per l’effetto di ulcere o addirittura tumori”. Come difendersi? “Una precauzione e’ tenere le alici una notte in freezer”, suggerisce Scirocchi. Altrettanto insidiosi, conclude, sono “i parassiti dei tarli che sono una risorsa alimentare per molti altri animaletti, da un acaro microscopico, che si accanisce anche sulle gambe dei malcapitati riempiendole di bollicine molto pruriginose, allo scleroderma domesticum, una specie di vespetta senza ali che toglie di mezzo le larve del tarlo ma allo stesso tempo punge l’uomo provocando ponfi duri e grandi come una moneta da un euro”.