Valutare lo stato di salute degli argini fluviali, perche’ un adeguato contenimento delle acque rappresenta la migliore forma di difesa del territorio e degli insediamenti urbani dai fenomeni di alluvionamento. In molte regioni, e in particolare nella pianura veneto-friulana, gli argini di contenimento sono l’unico ostacolo al deflusso senza controllo. L’OGS (Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale di Trieste) e il Dipartimento di Geoscienze dell’universita’ di Padova hanno messo a punto un sistema di valutazione dello stato degli argini. Lo studio si basa sull’analisi congiunta di dati geofisici del corpo dell’argine e di dati ottenuti mediante telerilevamento sull’interazione tra l’argine stesso e i sedimenti sottostanti presenti nella pianura alluvionale. Si tratta di un esempio positivo di come la ricerca possa tradursi in un servizio per i cittadini e le comunita’ che vivono in zone a rischio. “Il protocollo che l’OGS ha messo a punto, collaborando con il gruppo del professor Aldino Bondesan del Dipartimento di geoscienze dell’universita’ di Padova – spiega Roberto Francese, geofisico dell’Ogs – permette di studiare e descrivere la struttura complessiva degli argini, dalla superficie, cioe’ dal piano-campagna, a una profondita’ di 6-7 metri”. L’indagine, in sintesi, serve a capire se l’argine e’ argilloso – e dunque garantisce una buona tenuta all’acqua – o se invece sono presenti sabbie e limo, ma anche scavi di roditori (nutrie, per esempio), che destabilizzano l’intera struttura creando vie alternative ove l’acqua puo’ filtrare. Il protocollo chiamato EMAR integra l’uso di onde radar, che individuano cavita’ e cunicoli presenti in superficie, con l’induzione elettromagnetica, che analizza l’intero spessore dell’argine evidenziando la presenza di zone sabbiose.A questa prima fase del rilevamento viene abbinata la tomografia elettrica in corrente continua, che precisa meglio le anomalie rilevate permettendo agli esperti di progettare l’intervento di risanamento. “L’apparecchiatura che svolge il rilevamento – sottolinea Francese – viene montata su mezzi motorizzati permettendo di esaminare decine di chilometri di argini al giorno”. Finora il protocollo e’ stato testato sui fiumi Piave, Serraglio, Chiampo, Ceresone e Aldega’, che in anni recenti sono stati teatro di piene. In futuro si auspica che venga applicato sistematicamente anche ai fiumi del FVG. Come fa rilevare ancora Francese, un intervento generico di diaframmatura – messa in sicurezza di un argine – costa decine di milioni di euro al chilometro. Applicando il protocollo messo a punto dall’ente si puo’ intervenire solo nei punti in cui effettivamente serve, con notevole risparmio di risorse pubbliche. “Con le sue attivita’ di ricerca che, spesso, si traducono in servizi, l’OGS dimostra che la scienza puo’ e deve diventare uno strumento al servizio della popolazione”, osserva Maria Cristina Pedicchio, presidente dell’Istituto. “Lo studio degli argini a fini di risanamento ma, soprattutto, di prevenzione conferma che gli investimenti nella scienza sono indispensabili e fa dell’OGS un ente sempre presente sul territorio nazionale, in linea con il pensiero del ministro dell’Istruzione, Profumo”.