Ilva Taranto: l’8 agosto la decisione sul sequestro degli impianti

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Mercoledi’ 8 agosto: si sapra’ in questo giorno se Emilio e Nicola Riva, ex presidenti dell’Ilva, insieme ad altri sei dirigenti dell’azienda, torneranno in liberta’, lasciando quindi i domiciliari ai quali sono costretti da giovedi’ della scorsa settimana. E sempre mercoledi’ 8 agosto si sapra’ se gli impianti dell’Ilva posti sotto sequestro della scorsa settimana (parchi minerali, agglomerato, altiforni, cokeria, acciaieria e gestione dei materiali ferrosi) torneranno nel pieno possesso dell’azienda.
Liberta’ per gli indagati, che rispondono dell’accusa di disastro ambientale colposo e doloso, e piena agibilita’ degli impianti del siderurgico di Taranto sono infatti le due richieste che il collegio degli avvocati dell’Ilva ha presentato ieri e oggi, nel corso di due udienze, al Tribunale del riesame di Taranto il cui collegio e’ presieduto da Antonio Morelli, che e’ anche presidente del Tribunale. La difesa dell’Ilva si e’ sviluppata su tre punti: sull’inquinamento l’azienda ha detto di aver sempre rispettato i limiti delle emissioni previsti nell’Autorizzazione integrata ambientale rilasciata un anno fa, proprio il 4 agosto; che il sequestro degli impianti non puo’ quindi esistere non essendo stata commessa alcuna illegalita’ ed essendo stati nel perimetro autorizzativo fissato dall’Aia; che Emilio Riva, leader del gruppo, non aveva alcuna intenzione di fuggire, e non andava quindi arrestato, perche’ si accingeva ad incontrare rappresentanti istituzionali proprio in questi giorni per parlare della vicenda dell’Ilva di Taranto. Molto articolata in particolare e’ stata la risposta dell’Ilva alle due perizie consegnate al gip Patrizia Todisco e che hanno poi spinto il giudice a firmare sia il sequestro che gli arresti. Con una controperizia l’Ilva ha replicato ai rilievi, ha difeso l’Aia ottenuta, ha detto di averne sempre rispettato le prescrizioni e che a Taranto non c’e’ stato un eccesso di mortalita’ ne’ negli adulti, ne’ nei bambini, e che bisogna indagare anche nel passato piu’ lontano, quando la fabbrica era di proprieta’ dell’Iri. Nell’udienza di oggi e’ intervenuto anche Bruno Ferrante, da meta’ luglio presidente dell’Ilva in sostituzione di Nicola Riva, che si era dimesso, attualmente ai domiciliari.
Ferrante ha spiegato ai giudici cosa l’Ilva ha fatto a Taranto in questi anni e ha sottolineato di nuovo che l’azienda (ora vuole dialogare, confrontarsi e aprirsi al territorio).
Ferrante ha ulteriormente definito (sbagliata) la scelta dell’Ilva di non difendersi, ne’ replicare, alle accuse delle perizie del gip gia’ in sede di incidente probatorio svoltosi nei mesi scorsi.
Un capitolo della vicenda delinea poi una serie di contatti (ci sono intercettazioni telefoniche) che esponenti dell’Ilva di Taranto avrebbero avuto con rappresentanti delle istituzioni e dell’Agenzia regionale di protezione ambientale della Puglia alfine di orientarne e condizionarne sia l’attivita’ di controllo ambientale sullo stabilimento, che la stesura delle relazioni tecniche. In una delle telefonate gli esponenti dell’Ilva farebbero capire ai loro interlocutori di poter arrivare anche a Corrado Clini. Questi elementi sono stati tirati fuori dalla Procura nell’udienza di ieri per dimostrare come operasse l’Ilva alfine di bloccare o predisporre a suo favore ogni atto relativo all’ambiente e alle emissioni del siderurgico. La vicenda ha innescato anche un caso con Angelo Bonelli, leader dei Verdi, che si rivolge proprio al ministro Clini e lo invita a chiarire. “Su questo punto e’ necessario fare la massima chiarezza – dice Bonelli – perche’ il ministro dell’Ambiente e’ stato il ministro a cui il governo ha affidato il dossier Taranto”. Infine, quattro persone risultano indagate per corruzione in atti giudiziari: in ballo e’ una mazzetta da 10mila euro che un uomo dell’Ilva avrebbe consegnato nel retro di una stazione di servizio lungo l’autostrada per Bari al docente universitario Lorenzo Liberti, che era in un gruppo di consulenti incaricato tempo addietro dalla Procura di Taranto.
Questo fascicolo rientra nel procedimento generale dell’Ilva ma e’ affidato ad un pm diverso da quello che ha portato avanti l’inchiesta sul disastro ambientale. Ferrante, intervenendo sulle intercettazioni, ha detto che “non sono un elemento decisivo e importante in questa fase del processo”. Per l’azienda, quindi, il nodo e’ sulla parte ambientale e da qui dipendera’ il dissequestro o meno degli impianti del siderurgico. Va detto che il sequestro, reso operativo dai Carabinieri del Noe lunedi’ scorso con l’apposizione dei sigilli non sta impedendo all’Ilva di produrre acciaio. Si tratta infatti di sigilli virtuali come ha detto la stessa Procura e l’accesso del personale preposto agli impianti e’ garantito. Cosi’ come i custodi giudiziari nominati dal gip per sovrintendere alle procedure di fermata delle lavorazioni e di spegnimento degli impianti sinora si sono soltanto insediati.

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