Tanto caldo e poche piogge, in tutt’Italia è emergenza siccità: esperta dell’Ispra fa il punto della situazione

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L’Italia rischia di rimanere a secco: laghi al minimo storico, record di incendi nei boschi e colture in sofferenza. Le temperature elevate provocate dalle continue risalite dell’anticiclone SubTropicale stanno mettendo in ginocchio le regioni italiane e non solo quelle meridionali che non sono preparate a far fronte all’emergenza siccita’. A tracciare il quadro della situazione e’ Anna Luise, ricercatrice dell’Ispra che all’Adnkronos, spiega che ”anche regioni come il Molise, l’Emilia Romagna, il Veneto ma anche Piemonte e Toscana stando danno segnali negativi nel rapporto tra i terreni che non riescono ad essere piu’ produttivi e la carenza idrica”. La Toscana centrale, ad esempio, sia per l’Arno che per il Lago di Bilancino, e’ sotto di 20 milioni di metri cubi sulla media storica. Le risorse idriche locali (falde, torrenti, pozzi) dopo una breve parentesi dovuta alle piogge tra i mesi di aprile e maggio, sono tornate al minimo o secche, e continua l’allerta per il periodo piu’ caldo dell’anno. In Veneto, invece, sale la conta dei danni subiti dalle aziende agricole a causa della siccita’. La stima secondo Cia Veneto oscilla tra i 250 e i 300 milioni di euro e le situazioni piu’ gravi riguardano i seminativi come il mais e la soia e le barbabietole. In Emilia Romagna, sempre la Cia prevede perdite di produzione dal 30 al 60%.

La situazione, dunque, e’ preoccupante e le inondazioni, spiega la ricercatrice dell’Ispra, ”peggiorano la situazione. I terreni secchi sono fragili e le inondazioni portano via lo strato superficiale che e’ quello fertile”. La siccita’, inoltre, ”e’ pericolosa anche perche’ non siamo preparati e la nostra agricoltura non e’ pronta a far fronte al problema della carenza idrica”. Per questo il ministero dell’Ambiente, spiega Luise, ”sta mettendo a punto una strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici che curera’ anche il tema della carenza idrica e della desertificazione”. Tra le misure da adottare in primis c’e’ ”la razionalizzazione dell’uso dell’acqua in agricoltura dove si puo’ fare di meglio”. Bisogna pero’ intervenire anche ”in ambito domestico e industriale” con l’aiuto delle nuove tecnologie “come ad esempio per la depurazione delle acque“. Una situazione critica che si riscontra nell’intero vecchio continente dove le risorse idriche sono sottoposte a forti pressioni. Quasi meta’ della popolazione europea vive in Paesi caratterizzati da stress idrico, il 20% delle acque superficiali e’ gravemente a rischio inquinamento, il 60% delle citta’ abusa delle acque sotterranee e il 50% delle zone umide e’ a rischio, mentre la domanda di acqua continua a crescere.

Dal 1985, la percentuale di terreno irriguo nell’Europa meridionale e’ aumentata del 20% e in uno scenario di situazione invariata i consumi di cittadini, industria e agricoltura potrebbero aumentare del 16% entro il 2030. La carenza idrica riguarda almeno l’11% della popolazione europea e il 17% del territorio, mentre dal 1980 il numero dei casi di siccita’ e’ aumentato, con costi stimati in 100 miliardi di euro negli ultimi trent’anni: tra il 1976 e il 2006, il numero di aree e abitanti colpiti da siccita’ e’ salito circa del 20%. Il quadro, insomma, non e’ dei piu’ rosei e lo dimostra anche la convenzione delle Nazioni unite per la lotta alla siccita’ e alla desertificazione che, spiega la ricercatrice dell’Ispra, “si occupa dei paesi affetti da questo tipo di emergenze“. Negli ultimi anni le cose stanno cambiando e la siccita’ non e’ piu’ un problema solo dell’Africa: “recentemente, infatti, anche l’Ungheria, che nell’immaginario collettivo e’ sinonimo di natura e campagna, ha chiesto di essere riconosciuta tra i paesi affetti da desertificazione“.

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