Un anno fa la terribile alluvione in Val di Vara: Cinque Terre devastate dalla furia di violenti temporali rigeneranti

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Val di Vara, 25 ottobre 2011. L’allerta scatta parallelamente all’aggravarsi delle condizioni meteorologiche. Sono le 17.30. La pioggia che cade battente dal primo pomeriggio aumenta d’intensita’, le frane si staccano dalle colline che vengono giu’ con valanghe di fango e pietre, i fiumi s’ingrossano e escono dagli argini. Pochi chilometri piu’ a nord Riomaggiore, Vernazza e Monterosso, patrimonio dell’Unesco, vengono travolte da un mare di fango. La collina si sgretola, il mare non riceve piu’ le ondate di fango ma partorisce trombe marine che si abbattono sulla costa con una violenza inaudita. Oltre 400 mm di pioggia caduti in poche ore, migliaia di metri cubi di fango, 1 miliardo e mezzo di danni. Tredici morti. Ci saranno molti giorni di dolore e di pioggia prima che il sole torni a toccare terre squartate. Tutto inizia con una frana che si abbatte sull’A12 all’altezza di Brugnato e travolge un tir. Da qui e per dieci giorni sara’ un susseguirsi di notizie tragiche: Borghetto Vara e le sue frazioni vengono cancellate dal fango.
La violenza del Vara in piena, alimentato dai torrenti che continuano a ruggire e vomitare terra bagnata e pietre e tronchi d’albero, ha trascinato via case e persone. I morti, alla fine saranno sei, gli sfollati piu’ di un migliaio tra Borghetto e Brugnato e le loro frazioni. La macchina della Protezione civile si e’ messa in moto, i volontari arrivano da tutta l’Italia del Nord. E proprio un volontario, che morira’ a Monterosso, sara’ il simbolo di questa tragedia: si chiamava Sandro Usai, aveva 40 anni. Gia’, Monterosso: la bella abbracciata alla sua collina. Il paese sembra che debba esser spazzato via da un momento all’altro. Devastato, senza luce ne’ acqua potabile, con il fango che tutto ha occupato in un attimo, che ha falciato vite e speranze, sogni. Sandro Usai stava cercando di aprire un tombino per far defluire l’acqua quando un’onda di melma l’ha trascinato con se’ e l’ha ucciso. Vernazza, poco piu’ in la’: avra’ le case seppellite da una imponente frana che ha sommerso la strada centrale spazzando tutto e portando a mare cose e persone.
La chiesa trasformata in un asilo per uomini e cibo. E poi Riomaggiore e Levanto: le Cinque Terre sono state massacrate da un’ondata di maltempo che non ha precedenti e che non potra’ essere dimenticata. Le cicatrici restano sotto forma di squarci sulla collina segnata dalle frane che quel giorno distrussero tutto. Per riportare alla vita la Val di Vara e quei tre splendidi borghi arrampicati sul monte sono arrivati in tanti e da molte regioni italiane. Sono gli eredi spirituali di quegli Angeli del fango che rimisero in piedi Firenze dopo l’alluvione del ’66. Oltre 400 ragazzi provenienti da Como, Napoli, Pavia, Trento, Parma, Roma, Livorno si cercano e si trovano su Facebook per arrivare in Val di Vara e nelle Cinque Terre.Li hanno chiamati ‘le fasce rosse’ perche’ si riconoscono grazie a una fascia rossa al braccio, mutuando un’antica usanza del movimento operaio della vicina Lunigiana che, in una foto di fine ‘800, raffigurava squadre operaie della Pontremolese con le fasce rosse in vita e al braccio. Giovani sconosciuti con le pale e con una forza sovrumana che hanno aiutato a riportare alla luce strade e case, che hanno composto corpi straziati dal fango e dalle rocce, che hanno accompagnato anziani e aiutato bambini a non avere paura. E’ il 4 novembre quando smette di piovere. Non si spegne l’urlo della Val di Vara ma si sente il rumore del lavoro. Poche ore dopo sara’ Genova a dover piangere.

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