
Il pianeta Terra formatosi 4,5 miliardi di anni fa, è stato più volte colpito da asteroidi e comete la cui orbita veniva a cadere all’interno del nostro Sistema Solare. Questi oggetti, noti collettivamente come Near Earth Objects o NEO, continuano a rappresentare un potenziale pericolo per il nostro pianeta. C’è una forte evidenza scientifica di come le collisioni cosmiche abbiano svolto un ruolo fondamentale nelle estinzioni di massa documentate nella documentazione fossile della Terra. Fortunatamente questi impatti avvengono a distanza di migliaia di anni, o nel caso di quelli realmente devastanti, anche a distanza di milioni di anni. A seconda delle dimensioni dell’oggetto tale collisione potrebbe causare danni locali o globali. Secondo gli astronomi della NASA non c’è dubbio che anche il futuro riserverà un simile evento, anche se non c’è modo di prevedere quando. Al momento i vari programmi di ricerca hanno scoperto migliaia di asteroidi della fascia principale e altrettanti NEO. La maggior parte degli asteroidi e delle comete nel nostro sistema solare non rappresenta alcun pericolo per il nostro pianeta, compresi tutti quegli oggetti di cui si conoscono i parametri; ma sono ancora tanti quelli da scoprire e che potrebbero mettere a rischio la vita sul nostro amato pianeta.

Nel Luglio 1994 la cometa Shoemaker-Levy 9, divisa in 21 frammenti da Giove, alcuni dei queli misuravano anche 2 chilometri di diametro, si schiantò nell’atmosfera del gigante del Sistema Solare. Se da un lato questo evento ci ha ricordato come gli impatti siano ancora attuali, dall’altra ci ha dato modo di comprendere come il pianeta gassoso rappresenti una protezione per la Terra, capace com’è di attrarre a sé i corpi che gli transitano nei pressi grazie alla sua mole. Se questi frammenti avessero colpito la Terra si sarebbero probabilmente estinte anche le forme di vita batteriche. Per ogni migliaio di questi corpi ce n’è uno che interseca periodicamente l’orbita terrestre, aumentando la possibilità di una collisione futura. Nel 1991 il Congresso degli Stati Uniti incaricò la NASA di condurre vari seminari sul rilevamento di asteroidi potenzialmente pericolosi, e sulla possibilità di deviarne l’orbita qualora fossero venuti a trovarsi in rotta con la Terra. Questo generò la relazione dello Spaceguard Survey nel 1992. Nel 1994 la NASA, in coordinamento con il Dipartimento della Difesa, cominciò a lavorare con le agenzie spaziali di altri paesi al fine di identificare e catalogare entro 10 anni le caratteristiche orbitali di tutte le comete e gli asteroidi più grandi di 1 chilometro, soprattutto per quelle con orbite che potessero intersecare l’orbita terrestre. A seguito della relazione scaturita da questo lavoro, alla NASA nel 2005, fu assegnato il compito di rilevare il 90% degli oggetti limitrofi alla Terra con un diametro superiore ai 140 metri entro il 2020. Lavoro attualmente in corso.
Negli ultimi anni la scienza ha compiuto enormi passi in avanti nella conoscenza di questi corpi erranti che periodicamente sfrecciano nel sistema solare interno. Tuttavia, non siamo ancora in grado di proteggerci qualora grosse rocce spaziali puntassero il nostro pianeta, ma gli scienziati e gli ingegneri della fondazione B612 lavorano giornalmente per cercare il modo migliore da utilizzare nell’eventualità che questo accada. Il progetto ha preso l’avvio da un seminario sulla deflessione degli asteroidi, organizzato il 20 Ottobre 2001 presso il Johnson Space Center della NASA da Piet Hut e Ed Lu. Tra le migliori teorie in esame c’è quello del trattore gravitazionale, dove una sonda sarebbe in grado di cambiare leggermente l’orbita di un asteroide. La scarsa conoscenza della struttura interna di tali oggetti, impedisce però di prevedere nel dettaglio come reagirebbero ad un impatto o ad un’esplosione che avvenga nelle loro vicinanze allo scopo di defletterli o distruggerli. Persino i modelli che cercano di prevedere le conseguenze di una collisione catastrofica con la Terra sono ancora di dubbia validità a causa dell’impossibilità di sottoporli ad una prova sperimentale. La speranza è che la natura ci conceda ancora del tempo per prepararci nel migliore dei modi alla salvaguardia della vita sulla Terra.