Come abbiamo già dimostrato più volte, in svariati articoli dei mesi scorsi, anche un mare chiuso come il Mediterraneo può fornire le energie necessarie allo sviluppo di una ciclogenesi puramente tropicale, con profondissime circolazione depressionaria, con dinamica “barotropica”, analoghe a quelle che si formano sui mari tropicali. Questo particolare tipo di perturbazioni vengono classificate con il termine di “TLC”, o “Tropical Like Ciclones”. Per caratteristiche interne e per forza i “TLC” non hanno nulla da invidiare ai classici cicloni tropicali che sferzano il settore tropicale dell’Atlantico, il Pacifico e l’oceano Indiano. Essendo caratterizzati internamente da un “cuore caldo”, ben presente soprattutto nei bassi strati, i “TLC” si differenziano notevolmente dai più comuni cicloni extratropicali che si formano continuamente tra l’Europa e il bacino del Mediterraneo. Inoltre questi vortici hanno una estensione molto più limitata, ma attorno al profondo minimo barico riescono a conservare una grandissima potenza che spesso si traduce con una intensa attività convettiva, dove si possono celare dei sistemi temporaleschi particolarmente attivi, e da venti molto forti e turbolenti, spesso sotto forma di tempesta anche se il “Fetch” non raggiunge mai grandi estensioni concentrandosi proprio a ridosso dell’occhio centrale libero dalle nubi. Un’altra caratteristica dei “TLC” è rappresentata dalla loro grande “barotropicità”, tipica delle perturbazioni tropicali, al contrario delle depressioni extratropicali delle medie latitudini che sono caratterizzata da “baroclinicità” (notevole differenza di posizionamento dei minimi alle varie quote). In questi casi il ciclone diventa pienamente autonomo e prende la sua energia dal calore latente fornito dal mare, di conseguenza la convenzione esplode nel centro del sistema, i venti si intensificano di botto fino a superare i 100-120 km/h e si forma il tipico occhio del ciclone dentro la massa temporalesca.
Questi profondi vortici ciclonici tropicali mediterranei si formano molto spesso nella stagione autunnale, fra Agosto e il mese di Gennaio, nel periodo dell’anno in cui le temperature delle acque superficiali dei mari mediterranei raggiungono i massimi valori, anche con picchi di +27°C +28°C su tratti del mar Libico. I mari cosi caldi con i primi transiti di masse d’aria instabili in quota divengono delle fucine temporalesche, la genesi di grossi nuclei temporaleschi, come gli “MCS”, possono successivamente evolvere in sistemi ciclonici a cuore caldo e di tipo tropicale apportatori di precipitazioni torrenziali, in grado di scatenare degli eventi alluvionali lungo le aree colpite, scaricando anche oltre 400-500 mm nel giro delle 24 ore. Non per caso parte degli eventi alluvionali che hanno sconvolto negli ultimi anni il nostro paese o altre nazioni dell’area mediterranea sono da attribuire al passaggio di questo tipo di perturbazioni dalla struttura tropicale.
Come i cicloni tropicali per stimare la forza dei “TLC” si fa ricorso ad una scala simile alla più famosa scala “Saffir-Simpson”, la quale, in base alla velocità dei venti medi sostenuti e alla pressione centrale, li suddivide a sua volta in; “Mediterranean Tropical Depression” quando la velocità del vento medio sostenuto è inferiore ai 63 km/h; “Mediterranean Tropical Storm” quando il vento si aggira fra i 64 e 111 km/h e “Medicane o Mediterranean Hurricane” quando il vento medio supera la soglia dei 111 km/h. Sovente i “TLC” che si formano sul Mediterraneo, la media annuale è di almeno 2-3 formazioni, raggiungono lo stadio di “Mediterranean tropical depression” oppure “Mediterranean Tropical Storm”. Molto più rari sono i cosiddetti “Medicanes” (Mediterranean Hurricanes), il massimo grado dei sistemi “TLC”. Per “Medicane” si intende un vero uragano mediterraneo, si tratta delle tempeste più potenti e devastanti che il mare Mediterraneo può sfornare. Pur avendo la forma di un “Mediterranean Tropical Storm” o di una più semplice “Mediterranean Tropical depression” il “Medicane” è contraddistinto da venti molto più violenti, spesso possono toccare punte di 140 km/h e da una pressione centrale molto più profonda che può scivolare persino sui 975 hpa, valore estremamente basso per l’area mediterranea. Poi nel “Medicane” il valore barico cosi profondo porta a generare il tipico occhio persistente al centro del sistema temporalesco principale. Nell’ultimo secolo il servizio meteorologico nazionale ha catalogato diversi casi di “Medicanes” e più precisamente nel Settembre 1947, Settembre 1969, Settembre 1973, Agosto 1976, Gennaio 1982, Settembre 1983, Dicembre 1984, Dicembre 1985, Ottobre 1994, Gennaio 1995, Ottobre 1996, Settembre 1997 e Dicembre 2005.
La ciclogenesi tropicale del Marzo 1999, quando in Spagna furono registrate raffiche di vento a 150 km/h
Un esempio di ciclogenesi mediterranea è quella registrata a cavallo fra il 26 e il 28 Marzo del 1999 sul golfo del Leone e bacini limitrofi. Allora l’affondo di una saccatura nord-oceanica fino al Mediterraneo centro-occidentale ha favorito lo sviluppo di una giovane ciclogenesi che alla mezzanotte registrava un minimo al suolo sui 990 hpa (analisi sinottica) a ridosso del golfo del Leone. La mattina del 27 Marzo la ciclogenesi non era più collegata al suo fronte occluso e le immagini satellitari hanno rilevato lo sviluppo di uno spettacolare occhio, racchiuso da un muro di nubi temporalesche torreggianti, carichi di fulmini e precipitazioni. Da qui si capisce che la ciclogenesi diventa autonoma, autoalimentandosi dalla acque superficiali del Mediterraneo, presentando un cuore caldo nei bassi strati. Le temperatura dell’acqua erano però di circa 15°C, inferiori ai valori utili allo sviluppo di ciclogenesi tropicali sul Mediterraneo.
Inoltre, i venti a 10 metri si sono notevolmente intensificati raggiungendo la velocità di tempesta, con picchi di raffica di oltre i 120-130 km/h nella zona a sud del minimo di pressione sul livello del mare fino al 27 Marzo 1999, alle 12 UTC. Al contempo, però, si misurava pure una ristretta zona quasi senza vento a livello del mare. Tale calma di vento si propaga ai livelli più alti fino, a circa 400 hPa, producendo una colonna d’aria praticamente senza vento nel centro del ciclone. Quest’area coincideva con il minimo di pressione, sprofondato sotto i 985 hpa, dove dominavano intense correnti discendenti che liberavano dalle nubi l’occhio centrale, accrescendo i flussi di aria calda e umida all’esterno del sistema ciclonico, dove l’attività temporalesca raggiungeva la massima potenza. Durante il suo passaggio fra le Baleari e le limitrofe coste spagnole vennero registrati venti veramente violenti, che lambirono punte di 130-140 km/h. Nella località iberica di Portbou venne registrata una massima raffica di ben 150 km/h, mentre in mare aperto è probabile che si siano verificate raffiche ancor più violente attorno l’occhio centrale. In quei giorni le coste francesi meridionali furono investite da fortissime mareggiate sollevate dai forti venti da Sud-ovest e S-SO attivi lungo il bordo est del ciclone tropicale mediterraneo. Poco dopo, tra il 28 ed il 29, il sistema tende ad indebolirsi, avvicinandosi alle coste corse e a quelle del ponente ligure, già semi/sfaldato, per fortuna, senza causare danni e disagi, dopo quelli già patiti fra Spagna e Francia.