Quel placido giorno d’estate, nel 1940, a Porto Rico, il giovane Mike Collins pedalava, un pò sonnacchioso, lungo la spiaggia vicino casa, legato sul portabagagli un cestino quasi colmo di seppie appena pescate. Mancava poco a mezzogiorno, si era levato presto quella mattina, ora l’invito della sabbia morbida, tiepida di Sole, si faceva irresistibile. Così, appoggiata contro una palma la bicicletta, aveva deciso di concedersi un momento rilassato, all’ombra delle grandi foglie. Si era appena addormentato quando gli parve di ritrovarsi su un’altra specie di spiaggia. Qui la sabbia era come cipria, impalpabile, e, benchè una forte luce lo avvolgesse, accecante, sopra di lui il cielo appariva di un nero assoluto. Ma ecco che, spuntando dall’orizzonte quasi piatto di quel luogo strano, gli appare un arco sottile. Potrebbe trattarsi della Luna, ma poi quell’oggetto sferico che sorge lentamente, maestoso, gli si rileva come qualcosa di ben diverso. E’ grande, luminosissimo, splendidamente colorato. A zone blu-verdi si alternano fasce di un chiaro marrone, il tutto variegato, seminascosto da capricciose chiazze bianche di ogni forma. E, d’improvviso capisce: quella è la Terra, il suo pianeta inghirlandato di nubi che albeggia su quest’altro mondo desolato dove lui ora si trova ad ammirarla, senza fiato. Proprio come ventinove anni dopo, quando ricorderà quel sogno premonitore, sulla Luna, nel riscoprirsi di fronte a quello stesso spettacolo meraviglioso con i suoi due compagni, i primi uomini che abbiano attraversato lo spazio per posare i piedi su un altro corpo celeste. E’ il 20 Luglio 1969: Edwin Aldrin e Neil Armstrong approdano al Mare della Tranquillità, sulla Luna, per mezzo dell’Apollo 11, il trentunesimo razzo spaziale lanciato dalla Terra con uomini a bordo. Michael Collins, nel modulo lunare attende in orbita il rientro dei compagni. Lui, quello spettacolo, l’aveva già visto.