Primavere e autunni sempre più caldi, cambiamenti degli stili di vita, movimenti frequenti delle persone insieme ai loro animali domestici. Sono i principali fattori che favoriscono la persistenza nell’ambiente di ‘vecchie e nuove’ specie di zanzare (tigre, coreana, ecc.), in grado di trasmettere malattie molto rischiose per gli amati cani e gatti. In primis la filariosi nelle sue forme sottocutanea e cardipolmonare, il cui parassita (Dirofilaria immitis), tipico del Nord Italia, ha ampliato il suo raggio d’azione portando la malattia in zone un tempo classificate non endemiche, estendendosi al Centro e al Sud Italia: recentemente e per la prima volta anche nel Lazio, alcuni vettori sono risultati positivi a D. immitis, indicando che il parassita è presente sul territorio e che i cani che non fanno la profilassi sono a rischio d’infezione. “A oggi la zanzara tigre (Aedes albopictus) e la comune zanzara notturna (Culex pipiens) – ha spiegato in un incontro organizzato a Roma da Merial Luciano Toma, entomologo presso l’Istituto superiore di sanità – sono le principali specie di importanza sanitaria in Italia, non solo per il rischio di trasmissione di patogeni virali, ma anche per quello di filariosi per cani, gatti e uomini.
A Roma e’ stato possibile rilevare un’attivita’ specifica della zanzara tigre anche in inverno. Questo, unito alla presenza di alta densita’ della comune zanzara notturna e della zanzara tigre all’aperto, rappresenta una condizione in cui il contatto zanzara/cane puo’ avvenire per circa 9 mesi l’anno“. “La filariosi cardiopolmonare – ha sottolineato Luigi Venco, specialista in Clinica dei piccoli animali, European Veterinary Parassitology College Diplomate – è una malattia parassitaria causata da un nematode (verme a sezione tonda) denominato Dirofilaria immitis. Il parassita adulto ha un aspetto filiforme, vive allo stadio adulto nelle arterie polmonari del cane (che vanno dal ventricolo destro al polmone) e puo’ raggiungere i 30 cm di lunghezza (le femmine hanno dimensioni maggiori dei maschi). I cani colpiti iniziano a manifestare tosse persistente, resistente agli antibiotici, possono apparire stanchi e inappetenti e non sono rari gli svenimenti. Quando il danno polmonare si aggrava, la malattia si ripercuote negativamente sul cuore provocando accumulo di liquido a livello addominale. Se non e’ riconosciuta e curata, puo’ portare alla morte“. “Nel cane – prosegue l’esperto – la terapia della filariosi cardiopolmonare e’ complessa e prevede l’adozione di misure farmacologiche o procedure chirurgiche. Ma se la permanenza delle filarie nel cuore dell’animale e’ stata lunga, i danni indotti possono essere irreversibili. Nel gatto, colpito piu’ raramente, la sintomatologia e’ estremamente variabile. Possono essere presenti disturbi respiratori (tosse) ma anche gastroenterici (vomito). Molti soggetti possono non mostrare alcun sintomo ed andare incontro a morte improvvisa“. L’unica arma efficace per proteggere i ‘pet’ e’ oggi la prevenzione mensile da mettere in atto per almeno 9 mesi l’anno (da aprile/maggio a dicembre/gennaio), con farmaci specifici che, grazie all’avanzamento della ricerca, prendono oggi forme piu’ ‘appetibili’ per i voraci quattrozampe, come tavolette a base di vera carne che vengono eliminate dall’organismo rapidamente in poche ore. E ormai non sono esenti da rischi nemmeno gli animali che risiedono nel Centro-Sud: “Dirofilaria immitis – ha evidenziato Laura Kramer, docente di Parassitologia veterinaria presso l’Universita’ degli Studi di Parma – e’ trasmesso dai cani infetti ad altri animali tramite la puntura di zanzara. Negli ultimi anni l’infezione si e’ ‘spostata’ dalle zone del Nord Italia, tradizionalmente endemiche, in particolare la Valle del Po, verso il Centro e il Sud, diventando endemico anche in Toscana, Umbria, Puglia, Sardegna. In queste Regioni la prevalenza di cani infetti va dal 2 al 16%, percentuali che ci preoccupano e che sono destinate ad aumentare. Sia i colleghi veterinari sia i proprietari dei cani – conclude – devono salvaguardare gli animali dalla malattia attraverso la profilassi, che e’ oggi efficace al 100%“.