Ogni 6,6 anni i resti della cometa periodica 21P/Giacobini-Zinner transitano attraverso il sistema solare interno raggiungendo il perielio, il punto più vicino al Sole lungo l’orbita. In uno di questi passaggi, tra l’8 e il 9 Ottobre 2011, circa una tonnellata di materiale è stato depositato nell’atmosfera terrestre, in quello che è ricordato come uno degli eventi più intensi dell’ultimo decennio. In quella circostanza si ricordano circa 400 meteore ogni ora con una velocità d’entrata in atmosfera di circa 75000 Km/h. Josep Maria Trigo, ricercatore dell’Istituto di Scienze dello Spazio (ICE), sostiene che quando una cometa si avvicina al Sole, si sublima parte del suo ghiaccio più esterno e la pressione del gas spinge un numero enorme di particelle che adottano orbite intorno al Sole, formando autentici sciami. I ricercatori, che hanno pubblicato i loro risultati nella rivista Monthly Notices della Royal Astronomical Society, hanno ottenuto le orbite di una ventina di meteore nel sistema solare. Così, essi hanno confermato l’origine delle particelle che hanno causato il focolaio nella cometa periodica. Per raggiungere questo risultato, hanno contato su 25 stazioni di video-rilevamento gestite dall’istituto di meteore spagnolo, con la collaborazione di alcuni astrofili.
Due di questi filamenti di meteoroidi, che erano stati già previsti teoricamente, sono stati identificati dagli scienziati con quelli lasciati dalla cometa nel 1874, 1894 e 1900. Tuttavia, i ricercatori hanno confermato che c’era un’altra regione densa intercettata dalla Terra, che non era stata prevista, e che comporta una nuova sfida per i modelli teorici. In un secondo articolo, i ricercatori hanno analizzato la composizione chimica di sei palle di fuoco osservate sempre in quella circostanza. José María Madiedo, ricercatore presso l’Università di Huelva e coordinatore di questo secondo studio, afferma: “una di loro, con una massa iniziale di 6 kg e di quasi mezzo metro di diametro, chiamato Lebrija in onore della città sopra la quale è stata osservata, è venuta a competere con la luminosità della luna presente quella notte“. I sei frammenti analizzati hanno una composizione forse simile alle condriti carbonacee, ma sono molto più fragili. Trigo sottolinea che “non sembrano aver subito alcuna alterazione chimica durante il loro breve soggiorno in un ambiente interplanetario. Ciò risulta essere molto interessante per confermare il ruolo astrobiologico di queste particelle nel trasporto continuo di acqua e materiale organico per la Terra“, conclude il ricercatore.