Lo scioglimento dei ghiacciai e le temperature in aumento stanno creando una combinazione potenzialmente distruttiva nelle gole profonde ai piedi dell’Himalaya. Un indicatore di tale situazione è il ponte sull’autostrada che collega Kathmandu con il confine cinese, attraversato da mezzi ad alta velocità. Un pilastro di cemento è ciò che resta dell’intera struttura, già spazzato via dalle acque nel Luglio del 1981. L’evento però non si verificò a causa di piogge monsoniche, ma dall’esondazione di un lago glaciale. La forza del torrente in piena divenne così violenta da rimuovere massi grandi sino a 30 metri. Questo genere di inondazioni non sono nuove. Esse si verificano ogni qualvolta le dighe naturali di ghiaccio o formate dai depositi rocciosi, cedono a causa dell’attività sismica, dell’erosione o della semplice pressione dell’acqua. In questi frangenti possono essere rilasciati milioni di metri cubi d’acqua nel corso di pochi giorni, o molto più paurosamente, nel corso di qualche minuto. Nel secolo scorso, secondo i dati gestiti dal Centro Internazionale ICIMOD, si ricordano almeno 50 di questi eventi. Ma ciò che adesso non si tiene in considerazione è il fatto che i laghi si stanno formando e stanno crescendo molto più rapidamente perchè i ghiacciai si sciolgono più rapidamente.
Il potenziale rischio di uno tsunami himalayano è un problema poco noto al grande pubblico, che nemmeno si aspetta di ascoltare questo termine per località poste a grandi altezze. Tuttavia, rappresenta una preoccupazione quotidiana del programma del centro di ricerca sui monti himalayani con sede a Kathmandu (Nepal). Il tasso di fusione in alcune aree si sta facendo allarmante per i tanti laghi glaciali della regione. Quasi tutti i ghiacciai, a causa del riscaldamento globale, si stanno ritirando al ritmo di 10-59 metri all’anno, con punte di 74 metri a partire dal decennio scorso. Questo processo ha creato altri 24 laghi di origine glaciale, per un totale di 34, 10 dei quali sono considerati altamente pericolosi. La ricerca di un team dell’Università di Milano ha rilevato che negli ultimi 50 anni i ghiacciai nella regione dell’Everest si sono ridotti del 13%, con il limite delle nevi perenni rialzato di 180 metri. Lo studio ha evidenziato, inoltre, un incremento termico di 0.6°C dal 1992.
E poi ci sono i terremoti che accrescono i rischi. Gli abitanti posti a valle di queste aree vivono con la paura costante di essere inondati da vere e proprie onde di tsunami di ghiaccio e acqua. La centrale elettrica nei pressi del villaggio di Jhirpu Phulpingkat ha la capacità di emettere un segnale di preavviso in caso di esondazione, ma la gente della zona avrà soltanto pochi minuti a disposizione per mettersi in salvo. Tra l’altro, ci sono almeno sei laghi glaciali in Tibet al di fuori della rete di monitoraggio, per cui le esplosioni verrebbero rilevate soltanto all’ingresso delle acque in territorio nepalese. Ma a prescindere da dove possa avere origine uno di questi fenomeni, è indispensabile ottenere una corretta valutazione dei pericoli e ampliare la rete di monitoraggio. Sono già bastati gli tsunami marittimi a scatenare terrore in questo secolo. La speranza è che nessun disastro paragonabile possa presentarsi tra gli anfratti ghiacciati dell’Hmalaya.