Giusto qualche settimana fa è apparso, su questo stesso sito, un articolo dal titolo: “Il 1816, ovvero l’anno senza estate” e ciò a causa dell’eruzione del vulcano Tambora, in Indonesia, avvenuta dal 5 al 15 aprile 1815.
Ma il 1815, in Europa, si ricorda bene per un altro avvenimento storico: la battaglia Waterloo, nella parte meridionale del Belgio, che si svolse nei giorni 16, 17 e 18 giugno del 1815, tra le truppe francesi, al comando di Napoleone in persona e quelle alleate di olandesi, inglesi e prussiani, guidate da Lord Wellington.
A questo punto “La domanda sorge spontanea” (come era solito dire qualcuno): forse le ceneri sottili dell’eruzione vulcanica, che avevano invaso gli strati superiori dell’atmosfera di tutto l’emisfero nord, dove rimasero per oltre un anno, determinando un sensibile aumento nelle precipitazioni o, comunque, la meteorologia, avevano avuto un ruolo determinante nella battaglia, che si era combattuta appena due mesi dopo?
Uno attento sguardo ai particolari del combattimento ed alle cronache dell’epoca, ci toglie ogni dubbio.
La strategia bellica di Napoleone, che lo aveva reso vincitore in centinaia di battaglie, prevedeva di muovere velocemente le proprie truppe sul campo di battaglia, per mettere fuori gioco il grosso dell’armata nemica. Dopo il secondo giorno di battaglia, la sera del 17 giugno, con un’abile mossa di aggiramento Napoleone accerchiò le truppe di Lord Wellington alle porte della cittadina di Waterloo: senza una via d’uscita per il nemico, per l’abile stratega francese la vittoria sul comandante nemico sembrava ormai imminente.
L’abilità tattica di Napoleone, consisteva proprio nella capacità di concentrare rapidamente forze preponderanti in un punto specifico del campo di battaglia, per sfondare in superiorità numerica, elasticità di schieramento, estrema mobilità dei reparti e capacità di concentrazione del fuoco.
Ma quell’anno era particolarmente piovoso, a seguito della nube prodotta dalla polvere vulcanica, che aveva immesso nell’atmosfera un numero straordinariamente grande di “nuclei di condensazione”, quelli su cui si formano le goccioline di pioggia.
Così accadde che, nella notte che precedette la battaglia, numerosi temporali (di insolita violenza), accompagnati da violenti acquazzoni, si abbatterono sulle campagne a sud di Bruxelles, proprio dove erano accampate le truppe napoleoniche già pronte a scontrarsi con la coalizione nemica.
Le piogge resero fangoso il terreno anche se si era in pieno giugno, sconvolgendo i piani tattici di Napoleone.
L’inizio delle operazioni, già programmate per l’alba, dovettero essere rinviate. L’artiglieria di Napoleone non poté iniziare il cannoneggiamento prima di mezzogiorno ed inoltre fu quasi impossibile il “tiro di rimbalzo”, di solito micidiale, che consisteva nel tirare le cannonate con un angolo molto basso rispetto al terreno, in modo che le palle di cannone rimbalzassero più volte sul terreno, falciando ed uccidendo molti più nemici.
Ma quel giorno, la cavalleria francese, che in genere era l’arma vincente di Napoleone, perché capace di spostarsi velocemente sul campo di battaglia e gettare panico fra gli avversari, non riusciva a muoversi e rimase impantanata. Anche l’artiglieria fu inefficace, a causa del terreno fangoso, i proiettili si conficcavano nel terreno senza rimbalzare. Risultato: Napoleone fu sconfitto e costretto all’esilio. Merito degli Inglesi? Forse. Oppure fu colpa del vulcano Tambora! Probabilmente, senza quell’eruzione, il campo di battaglia di Waterloo sarebbe stato praticabile da parte della cavalleria e dell’artiglieria di Napoleone e la battaglia avrebbe potuto avere un esito diverso.
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