Con il sopraggiungere dell’oscurità l’inverno australe sta iniziando a fare sul serio sopra le desolate e sterminate lande ghiacciate del continente antartico. Da diversi giorni le temperature si mantengono costantemente al di sotto dei -70°C -75°C su una vasta area attorno al Plateau centrale. Alcune basi, fra cui quella di Amundsen-Scotted Henry, si stanno avvicinando sempre più al fatidico muro dei -79°C -80°C. Ormai su oltre la metà del territorio antartico il campo termico si è portato sotto le medie tipiche per il periodo, con scarti anche importanti nelle aree più interne del Plateau centrale, attorno il Polo Sud geografico. Queste temperature cosi estremamente basse sono un chiaro segnale dell’inizio del cosiddetto “Kernlose Winter” su molte aree dell’Antartide, grazie al venir meno di importanti avvezioni calde, dalle latitudini temperate oceaniche verso il Plateau centrale. Il “Kernlose winter” rappresenta la grande peculiarità del clima antartico, visto che è quasi sconosciuto nell’emisfero boreale, tranne che per alcune ristrette zone dell’altopiano ghiacciato della Groenlandia, dove il fenomeno risulta ben più attenuato e regolare rispetto all’Antartide. In sostanza indica la grande stazionarietà delle temperature medie durante il semestre invernale nel cuore dell‘entroterra antartico.
Questa caratteristica è resa evidente dalle medie termiche mensili archiviate della base di Amundsen-Scott, nel cuore del continente antartico. Praticamente le temperature medie durante tutto il semestre freddo scendono sotto la soglia dei -60°C -70°C, rendendo teoricamente possibile il raggiungimento delle temperature estreme (o picchi di gelo) in qualunque momento del periodo invernale. Questa grande costanza dei valori termici durante tutto il periodo invernale australe è originata da una totale mancanza di insolazione, e quindi da un bilancio radiativo nullo o negativo, che può essere compensato solo in parte da apporti di calore esterni, in genere provenienti dagli oceani che circondano le coste del Polo Sud, tramite le intense avvezioni calde che si versano in seno alle “onde di Rossby” fino alla parte centrale del continente australe. Gran parte del Plateau centrale del continente antartico mantiene delle temperature medie inferiori ai -50°C -60°C per gran parte dell‘anno. Lungo il settore orientale del Plateau, dove insistono diverse catene montuose, che culminano oltre i 3000-4000 metri di altezza, si archiviano le temperature più basse in assoluto. Su tutti vanno ricordati gli storici -89.2°C lambiti dalla base russa di Vostok, posta a 3488 metri sul livello del mare, il 21 Luglio del 1983, che rappresentano tutt’oggi la temperatura più bassa mai registrata sulla Terra con una strumentazione affidabile. Una data storica per la climatologia mondiale. Ma se nella parte orientale della Calotta antartica si raggiungono i valori di gelo più estremi, come quelli della mitica base di Vostok, lungo il settore occidentale, molto più piatto e facilmente influenzato dal passaggio delle profonde depressioni circumpolari che aggirano le coste del Polo Sud, le temperature rimangono di poco più elevate rispetto alla parte orientale.
Inoltre lungo l’area del Plateau ghiacciato i venti spirano solitamente con una intensità di debole o moderata intensità, salvo temporanee interferenze delle profonde circolazioni depressionarie sub-polari, mentre le precipitazioni risultano abbastanza scarse per non dire inesistenti lungo il “nucleo centrale” del continente, dove permane un robusto anticiclone di natura termica che mantiene i cieli costantemente sereni con aria limpidissima. Tali condizioni atmosferiche favoriscono l’isolamento di uno spesso strato di inversione termica, ben strutturato nei bassi strati, che mantiene le temperature su valori abbondantemente al di sotto dei -60°C -70°C. Un clima del tutto inospitale. Nei giorni scorsi, grazie all’attivazione dei fortissimi venti “Catabatici”, un blocco di aria molto gelida dal Plateau centrale si è spinto verso le limitrofe aree costiere, determinando su queste un brusco quanto notevole raffreddamento, con valori scesi sotto la soglia dei -34°C -36°C. Si tratta di temperature davvero insolitamente basse per le aree costiere dell’Antartide, costantemente mitigate dalla forte influenza marittima dei bacini che circondano il Polo Sud.
In alcuni casi la raffreddata è stata talmente intensa da risultare quasi eccezionali per il periodo, con termometri scivolati di botto sotto i -36°C -37°C. Un esempio su tutti è quello della base indiana di Maitri che nei giorni scorsi ha segnato una temperatura minima di ben -34.8°C, avvicinandosi al suo il record assoluto di -38.0°C, risalente al 23 Luglio del 2006. Si tratta di un valore significativo, dopo il record mensile raggiunto dalla base francese di Dumont D’urville. Nei prossimi giorni il forte raffreddamento della vasta area centrale dell’Antartide agevolerà un conseguente rinforzo del permanente anticiclone termico, con valori barici piuttosto elevati, che staziona perennemente nella regione più interna del Plateau, dove vi stagna aria veramente gelidissima e molto densa che spesso tende a spingersi, per via dell’eccessiva densità, verso le coste antartiche, dove l’aria e mitigata dai mari antartici e quindi risulta meno densa. Si vengono cosi a creare dei fortissimi “gradienti barici” e di “densità” che generando i terribili venti “Catabatici antartici”, noti per la loro furia distruttrice, con raffiche che possono lambire addirittura i 300 km/h.
Negli ultimi 30 anni sono state molte le basi scientifiche letteralmente devastate da queste potenti tempeste, basta pensare alla base di Mc Murdo che il 16 Maggio del 2004 è stata danneggiata da uno spaventoso uragano, con raffiche fino a 188,4 miglie/orarie, circa 303 km/h. Da un punto di vista dinamico il fenomeno può essere spiegato anche dal fatto che l’aria gelidissima presente sul Plateau Antartico, molto densa e pesante, tende a scivolare verso le coste dell’Antartide, canalizzandosi nell’area del pendio e favorendo l’attivazione di queste impetuose correnti d’aria in discesa dai ghiacciai del Polo Sud. Spesso lungo le coste i venti “Catabatici”, in discesa dal Plateau ghiacciato, possono raggiungere valori di 100-150 km/h, con raffiche fino a 180-200 km/h, specie nei punti dove l’orografia funge un po’ da amplificatore per questi impetuosi flussi d’aria che si versano sul mare. Ma in determinate situazioni, specie durante l’autunno o l’inverno australe, quando sui mari sub-antartici si sviluppano quelle profondissime “depressioni-uragano” (minimo al suolo anche al di sotto dei 940-930 hpa) e si vengono a determinare “gradienti barici orizzontali” a dir poco spaventosi, con il Plateau, dominato dall’anticiclone permanente sopra i 1040 hpa, si riescono a sollevare degli uragani di vento di potenza straordinaria, capaci di ridurre la visibilità orizzontale a pochi metri per l’immenso “scaccianeve” sollevato sui ghiacciai.