Nuovo studio della NASA spiega il grande mistero dei buchi neri (VIDEO)

MeteoWeb

130614140504

E’ un mistero che ha assillato gli astrofisici per decenni: perché i buchi neri emettono raggi X?

Un nuovo studio pubblicato sull’Astrophysical Journal, guidato dalla NASA, cui hanno partecipato la Johns Hopkins University e il Rochester Institute of Technology conferma i sospetti sul modo in cui i buchi neri producono raggi X, dimostrando che le spirali di gas derivano da emissioni di raggi X: viene colmata così la lacuna tra teoria e osservazione, dimostrando che sia i raggi X molli che i raggi X duri sorgono inevitabilmente dalle spirali di gas che si dirigono verso i buchi neri.

Analizzando una simulazione, con un supercomputer, di gas che fluisce in un buco nero, il team ha scoperto che può essere riprodotta una serie di caratteristiche dei raggi X a lungo osservate in buchi neri attivi.

Il gas che va a finire dentro a un buco nero, inizialmente orbita intorno ad esso e si accumula come disco appiattito. Il gas così accumulato, gradualmente assume la forma di una spirale e si comprime e riscalda mentre si avvicina al centro. Quando poi raggiunge temperature di 12 milioni di gradi Celsius – 2.000 volte superiore alla superficie del Sole – il gas irradia raggi X.

Per oltre 40 anni, le osservazioni hanno anche mostrato che i buchi neri producono anche considerevoli quantità di raggi X “duri”, radiazioni con energia da decine a migliaia di volte superiore dei raggi X “molli”. Queste radiazioni ad alta energia implicano la presenza di un gas altrettanto caldo, con temperature che raggiungono miliardi di gradi.

Mentre il team ha quindi confermato ciò che fino ad ora era solo un sospetto, bisogna anche riconoscere i meriti della tecnologia avanzata. Il team ha potuto infatti lavorare sul Ranger della National Science Foundation, un supercomputer del Texas Advanced Computing Center della University of Texas. Ranger ha lavorato nel corso di 27 giorni, per almeno 600 ore per risolvere le equazioni.

Le equazioni relative al movimento complesso della spirale di gas, il campo magnetico associato e delle loro relazioni con il buco nero hanno prodotto come risultato una “spuma” turbolenta che orbita vicino al buco nero a velocità molto vicine a quella della luce. I calcoli hanno preso in considerazione simultaneamente le proprietà variabili magnetiche ed elettriche del gas, senza mai dimenticare la teoria della relatività.

Potremmo anche dire che è stata la tecnologia a dover tenere il passo rispetto a noi“, afferma Julian Krolik, professore di fisica e astronomia della Zanvyl Krieger School of Arts and Sciences, “è proprio la simulazione numerica a questo livello di qualità e risoluzione che rende il risultato credibile.

Condividi