Lazio, Lombardia e Campania. Queste le tre regioni dove scuole e universita’ sono maggiormente esposte a rischio radon. Nell’Universita’ del Salento, ad esempio, sono state individuate concentrazioni di radon anche tre volte superiori al limite consentito: 1.400 Bq m nel Monastero degli Olivetani, 1.100 nel Rettorato, 1.500 nello Studium 2000. E’ quanto sostiene un’inchiesta del Corriere dell’Universita’ Job. L’indagine ha evidenziato come nella maggior parte delle universita’ non si effettuano monitoraggi per prevenire il rischio radon. E a confermare i dati – informa una nota della testata – anche Marco Sciarra, presidente del Coordinamento nazionale dei Servizi Prevenzione e Protezione delle Universita’, che ha ammesso: ”Ritengo che su 65 atenei statali solo un massimo di 10 effettui attivita’ di monitoraggio”. Se fare controlli negli interrati adibiti a luoghi di lavoro e’ d’obbligo, effettuarli nei seminterrati, in cui spesso vi sono aule e laboratori, sarebbe un atto di responsabilita’. Francesco Bochicchio, responsabile del Piano Nazionale Radon, precisa: ”Nei seminterrati e nei piani terra, non essendoci l’obbligo di installare un impianto di ventilazione forzata, si puo’ creare un accumulo anche maggiore di gas”. All’Universita’ della Tuscia l’addetto al settore radioprotezione si occupa di altre cose, di tutto cio’ che c’e’ di radioattivo in un ambiente come quello universitario, ma non di radon. In Campania, all’Universita’ del Sannio – prosegue la nota – ci hanno detto: ”Stiamo valutando come muoverci. Non abbiamo ancora fatto nulla di preciso”. All’Universita’ di Milano, spiegano: ”Nel nostro Documento di valutazione dei rischi non e’ stato inserito il radon perche’ non ci sono, in tutte le strutture dell’Ateneo, ambienti di lavoro interrati”. A livello mondiale il radon e’ considerato il contaminante radioattivo piu’ pericoloso negli ambienti chiusi. E’ la seconda causa di cancro al polmone dopo il fumo di tabacco. L’Istituto Superiore di Sanita’ stima dai 1.500 ai 5.500 casi di tumore attribuibili al radon: 3200 morti all’anno. Eppure, attualmente, le nostre case – sottolinea il Corriere dell’universita’- non sono soggette ad alcuna regolamentazione. E nei luoghi di lavoro il D.lgs 241/00, che fissa i criteri di valutazione e di controllo dell’esposizione al gas, e’ rimasto in gran parte inattuato. Inoltre nei luoghi di lavoro si e’ costretti a intervenire solo se si eccede il valore massimo di 500 Bq m, un valore troppo alto secondo alcuni esperti che sottolineano come l’Italia non abbia recepito la raccomandazione europea, che fissava il limite massimo per gli edifici da costruire a 200Bq.