La Terra, sin dagli albori della sua formazione, è stata sempre oggetto di collisioni con corpi rocciosi provenienti dallo spazio. Comete, asteroidi, pianetini, hanno caratterizzato gli eventi del nostro pianeta, provocando in taluni casi vere e proprie estinzioni di massa. Negli ultimi tempi, dopo l’evento accaduto negli Urali, questo argomento ha cominciato ad essere divulgato con più enfasi da chi di competenza, governi compresi. Nella notte del 18 Giugno, grazie al telescopio Pan-Starrs 1, è stato scoperto il Nearth-Earth Object numero diecimila. Si tratta di una pietra miliare che ci consente di tenere sotto controllo un gran numero di questi corpi potenzialmente pericolosi. Essi variano dalle dimensioni di un paio di metri ad oggetti di 41 Km di diametro. La loro orbita è ormai ben compresa e nessuno di questi rappresenta una minaccia per la Terra. “La scoperta del primo oggetto risale al 1898“, riferisce Don Yeomans, direttore di lunga data del Near-Earth Object Program Office della NASA presso il Jet Propulsion Laboratory di Pasadena, in California. Ma la maggior parte dei corpi è stata scoperta solo successivamente al 1998, quando hanno avuto inizio le osservazioni della NASA. Sino agli anni ’90, infatti, la scoperta di uno di questi corpi era considerata un evento raro. Di questi 10.000 corpi, circa il 10% è più grande di 1 Km, che in caso di impatto, provocherebbero disastri a livello globale. “Oggi – dice Tim Spahr, direttore del Minor Planet Center – siamo a tre scoperte al giorno, con centinaia di migliaia di segnalazioni al mese“. In una dozzina di anni, il programma ha raggiunto l’obiettivo prefisso di rintracciare il 90% dei corpi più grandi di 1 km. Nel Dicembre 2005, la NASA ha esteso la ricerca al 90% degli oggetti più grandi di 140 metri, più difficili naturalmente da scorgere. Questo ridurrà il concreto rischio per le popolazioni mondiali, deviando eventualmente l’oggetto attraverso le tecnologie di cui oggi disponiamo. L’attuale tasso di scoperta dei NEO è di circa 1.000 l’anno.