L’afflusso di masse d’aria sempre più calde verso il mar Glaciale Artico sta fornendo maggior energia all’atmosfera. Energia che dopo essere stata immagazzinata dall’atmosfera spesso viene scaricata tutta di un colpo, favorendo lo sviluppo di fenomeni particolarmente avversi anche sull’Artico. Non è un caso se negli ultimi anni, soprattutto durante il periodo estivo, sempre più spesso l’Artico sia divenuto sede di tempeste e cicloni extratropicali (con caratteristiche “barocline”) particolarmente profondi e capaci di produrre fenomeni meteorologici davvero estremi, con venti di uragano, precipitazioni piuttosto intense per la latitudine e sbalzi termici veramente esagerati, con “gradienti termici” sempre più forti. Proprio l’anno scorso, in occasione del minimo record di estensione dei ghiacci, ne abbiamo avuto una prova. All’inizio dell’Agosto 2012 una profonda circolazione depressionaria, colma di aria piuttosto fredda in quota, si sviluppò a ridosso delle coste della Siberia orientale, per poi spostarsi in direzione del mar Glaciale Artico. Il 6 Agosto 2012 il potente ciclone extratropicale, spostandosi sopra il settore centrale del mar Glaciale Artico, si è rapidamente approfondito, fino a raggiungere un minimo barico al suolo che è sceso sotto i 964 hpa, un valore estremamente basso per questa regione.
Le isobare (linee di uguale pressione), molto fitte attorno il sistema di bassa pressione, hanno prodotto forti venti di tempesta che hanno spazzato, con raffiche fino a 130-140 km/h, tutto il settore centrale del mar Glaciale Artico e la banchisa del Polo, provocando anche delle nevicate, con un sensibile abbassamento delle temperature nell’area a nord dell’Artico canadese e dell’Alaska. La profonda polar low, scesa fino a 964 hpa, ha insistito sul settore centrale dell’Artico fino ai giorni successivi, per iniziare successivamente a dissiparsi, perdendo buona parte della sua potenza. Senza ombra di dubbio il transito di una area ciclonica di simile intensità ha avuto ampie ripercussioni in tutta l’area artica. Gli effetti del suo passaggio però sono veramente complessi. Infatti, mentre gran parte della regione influenzata dal ciclone di inizio Agosto ha subito un calo improvviso della temperatura e nevicate diffuse, le aree interessate dai venti meridionali hanno dovuto fare i conti con un sensibile aumento della temperatura per il richiamo di masse d’aria più temperate, in risalita dalle latitudini temperate. Non è un caso se in coincidenza con il transito della tempesta, una vasta area ricoperta di ghiaccio, nel Mare della Siberia orientale (concentrazioni in genere inferiore al 50%), si è rapidamente sciolta nel giro di pochi giorni.

La tempesta artica nell’analisi del modello del Polar Meteorology Group. Si nota il profondo minimo sotto i 978-977 hpa sul mar Glaciale Artico
Nei tre giorni consecutivi (il 7, 8 e 9 Agosto) l’estensione del ghiaccio marino è scesa di quasi 200.000 chilometri quadrati (77220 miglia quadrate). Questo potrebbe essere dovuto alla rottura meccanica del ghiaccio che ha comportato una maggiore fusione data l’azione combinata dei forti venti e delle grandi ondate prodotte dalla tempesta che impattavano con violenza sulla banchisa. In questi giorni si ripeterà il medesimo copione. Difatti, le continue avvezioni di aria decisamente calda, che dal comparto siberiano e dall’Atlantico settentrionale si dirigeranno verso il cuore del mar Glaciale Artico, tenderanno ad assottigliare la figura del vortice polare che continuerà a tenere il proprio baricentro principale sul settore occidentale dell’Artico, con una profonda depressione colma di aria gelida e un minimo di geopotenziale in quota, posizionati fra il settore settentrionale del mare di Beaufort e l’arcipelago artico canadese. Questa profonda struttura depressionaria legata al vortice polare, risentendo più ad est dell’afflusso di aria decisamente più mite che nelle prossime 48 ore risalirà verso l’arcipelago artico canadese, mentre più ad ovest, sul mare di Beaufort, prevale un nucleo di aria più gelida con isoterme di -15°C alla quota di 850 hpa, andrà notevolmente ad approfondirsi, evolvendo in un ciclone extratropicale a carattere freddo piuttosto profondo, con un minimo barico che scivolerà sotto i 977 hpa al suolo. Nei bassi strati, al confine fra le due differenti avvezioni (quella fredda e quella calda), si genererà un sistema frontale capace di dare origine a precipitazioni sparse, prevalentemente di tipo nevoso su una larga fetta dell’Artico occidentale, arcipelago artico canadese e Groenlandia settentrionale.
Fra la giornata di domani e quella di venerdì questo profondo ciclone extratropicale, in fase di riassetto, si posizionerà nell’area centrale del mar Glaciale Artico, nel tratto a nord della Groenlandia, presentando una struttura depressionaria piena di aria gelida nei medi e bassi strati. Spostandosi sul settore centrale del mar Glaciale Artico il profondo vortice depressionario, essendo caratterizzato da un intenso “gradiente barico orizzontale”, darà luogo a forti venti a rotazione ciclonica, accompagnati da nevicate diffuse e un forte calo termico fra le isole dell’Artico canadese, il nord della Groenlandia e il settore occidentale del mar Glaciale Artico, dove le temperature scenderanno abbondantemente sotto la soglia degli 0°C. Fra domani e venerdì il ciclone artico, stimato con un minimo al suolo sui 977 hpa, potrà apportare venti anche a carattere tempestoso o di burrasca forte, tra l’ arcipelago artico canadese e le coste della Groenlandia settentrionale, dove si potranno registrare raffiche ad oltre i 100 km/h. E’ difficile dire quali saranno le ripercussioni del passaggio di questa tempesta sulla copertura dei ghiacci dell’Artico. Pur essendo meno intensa di quella osservata nell’Agosto del 2012 questa profonda depressione artica da una parte rischierà di accelerare ulteriormente la fusione dei ghiacci, visto l’azione dei forti venti e soprattutto di un moto ondoso considerevole che andrà ad abbattersi lungo il margine della banchisa, sgretolandola e aprendo enormi squarci su di essa.