Il satellite europeo Goce, acronimo di Gravity Field and Steady-State Ocean Circulation Explorer, sviluppato dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA) per analizzare la variazioni del campo gravitazionale terrestre, cadrà sulla Terra tra qualche giorno. La “Ferrari” dei satelliti, com’è stato soprannominato per via del suo elegante design – fa sapere l’agenzia spaziale – ha ormai terminato la sua corsa dopo il lancio avvenuto lo scorso 17 Marzo 2009, ma non è ancora possibile determinare le coordinate di rientro. Il destino di Goce è scritto dal mese di Ottobre, quando il veicolo spaziale ha esaurito il carburante necessario che lo teneva in un’orbita molto bassa sopra la Terra. Ora, la sua quota è in fase decrescente, e continuerà ad esserlo sino a quando brucerà nell’atmosfera terrestre. La maggior parte del satellite, del peso di poco meno di una tonnellata, verrà annientato dallo scudo offerto dalla nostra atmosfera, ma si calcola che l’impatto potrebbe lasciare intatti da 40 a 50 frammenti dal peso complessivo di 250 chilogrammi. Con quali conseguenze? Il nostro pianeta è composto per il 71% di oceani, e per un’altra buona parte da deserti, foreste, montagne e luoghi impervi. Dati che ci fanno comprendere quanto piccola sia la probabilità che uno di questi detriti possa colpire un’area abitata, o ancor peggio i suoi residenti. Sono alte, invece, le probabilità che i detriti finiscano in una di queste aree, ma al momento non è possibile stabilirlo. Le previsioni di rientro sono affette in questi casi da significative incertezze, legate a come il satellite modifica la sua orientazione nello spazio e alla modellazione della densità atmosferica sopra i 100 km di altezza, dipendente a sua volta dall’evoluzione, difficile da pronosticare, dell’attivita’ solare. Ed ecco riproporsi il problema dei detriti spaziali.
Goce si trova in questo momento a poco più di 150 Km dalla superficie del nostro pianeta, e sta rapidamente cadendo verso il suolo. Durante la sua missione ha mappato le correnti oceaniche del globo senza precedenti, rendendo un grande servizio alla conoscenza scientifica. Ma con quali rischi? Possiamo permetterci, in pieno XXI secolo, di rischiare una tragedia pur di ottenere informazioni dallo spazio? Secondo l’Agenzia Spaziale si, dal momento che le probabilità che GOCE faccia male a qualcuno, come già detto, sono estremamente basse. Ma è fuori dubbio che la spazzatura spaziale, ovvero i frammenti di oggetti creati dall’uomo che vagano in orbita intorno alla Terra, ha raggiunto un livello critico. Tra i frammenti ci sono vecchi razzi vettori, satelliti ormai fuori uso o nuvole di particelle causate dalla distruzione di satelliti. Recenti studi parlano di 22.000 oggetti rilevabili da terra, che ruotano in orbita a una velocità di oltre 28.000 km all’ora, di cui appena 900 satelliti ancora integri e solo 380 funzionanti. Una quantità che aumenta esponenzialmente, tanto che un rapporto dell’Us National Research Council commissionato dalla Nasa raccomanda ormai di mettere a punto una strategia di “ripulitura”, prima che i detriti mettano a rischio altri satelliti ancora operativi o la stessa Stazione Spaziale Internazionale “Alpha”. L’orbita geostazionaria (a 36 mila chilometri di altitudine) è in particolare la più frequentata, con oltre 200 nuovi “arrivi” ogni anno; la maggior parte dei detriti occupa invece orbite più basse, dove si trovano, tuttavia, numerosi satelliti scientifici di osservazione. Va notato che il dato si riferisce a oggetti più o meno grandi, ma le particelle di grandezza superiore al millimetro si contano a decine di milioni. Ad un’altitudine di 800 chilometri la permanenza in orbita è di circa due secoli mentre l’orbita geostazionaria rimane sostanzialmente stabile per milioni di anni. Le collisioni sono tuttavia rare: l’ultima risale al febbraio del 2009 e ha coinvolto un satellite Iridium-33 ancora in attività e un satellite militare russo ormai non operativo, moltiplicando di fatto il numero dei frammenti in orbita. Il rischio di tali collisioni è dato dal fatto che le velocità orbitali sono elevatissime, nell’ordine di 10 chilometri al secondo, permettendo anche a piccole particelle di produrre danni considerevoli ai veicoli spaziali.
UARS, ROSAT E PHOBOS GRUNT – Non sarà certamente un evento senza precedenti quello di Goce. Lo scorso Settembre 2011 il satellite UARS (Upper Atmosphere Research Satellite), un vecchio velivolo da 7 tonnellate lanciato in orbita nel 1991 e inattivo dal 2005, precipitò nella nostra atmosfera, probabilmente diretto verso l’Oceano Pacifico. L’evento, nonostante una fortissima eco mediatica, terminò senza particolari danni, nè video, a tal punto che qualcuno credette che il satellite cambiò traiettoria. In realtà, la caduta dei frammenti avvenne in pieno oceano, lontano da aree abitate, dove fu impossibile riprenderla. A poco più di una settimana dalla caduta di UARS, il pensiero venne rivolto a ROSAT, un satellite tedesco in orbita dal 1° Giugno del 1990 su un’orbita circolare a 575 km di altezza, dal peso complessivo di 2,4 tonnellate. Rivestito di materiale refrattario, principalmente di vetro e ceramica, il satellite produsse circa 30 frammenti sino al suolo, probabilmente nelle acque dell’Oceano Indiano. Anche in questo caso, fortunatamente, la caduta dei vari frammenti in Oceano tranciò di netto l’eco mediatica e le allerte prodotte precedentemente alla caduta. Anche questo evento si spense, e con esso tutte le paure di un probabile impatto sulle nostre città. Risale invece allo scorso Gennaio 2012 il rientro della sonda russa Phobos-Grunt, lanciata nello spazio il 9 Novembre 2011 e precipitata probabilmente nell’Oceano Pacifico, a 1.250 km ad ovest della costa dell’Isola cilena di Wellington. Circa venti o trenta frammenti raggiunsero la “superficie” terrestre, ma anche in quel caso la fortuna e la bassa probabilità, volle che non colpì alcuna area abitata.
MITIGAZIONE DEL FENOMENO – A distanza di due anni torniamo a parlare di un rientro in atmosfera di un satellite artificiale. Non deve sorprenderci, dal momento che questi oggetti rientrano su base quasi settimanale, anche se la maggior parte di essi sono molto piccoli. Ogni anno la Terra è bombardata da 60-80 tonnellate di detriti spaziali, compresi razzi e veicoli di una certa grandezza. Nonostante la massa totale di oggetti naturali che raggiunge la superficie della Terra (meteoriti) superi di gran lunga quella dei detriti artificiali, l’allarme per gli “space debris” preoccupa le Agenzie spaziali di tutto il mondo: attualmente, si stanno studiando sistemi di “pulizia orbitale” o comunque di mitigazione del fenomeno. Anche perchè la fortuna non potrà essere per sempre dalla nostra parte.