La cometa ISON sta “precipitando” verso il Sole, e nonostante le intense forze mareali e gravitazionali, a cui si aggiunge una temperatura via via sempre più elevata, l’astro chiomato sembra essere in buone condizioni. I recenti rapporti spettrali che ne avevano fatto ipotizzare la disgregazione del nucleo, avevano preoccupato non poco gli appassionati che da qualche mese stanno seguendo con estremo entusiasmo il viaggio di questo corpo errante del sistema solare. Le immagini attuali dei veicoli spaziali di NASA ed ESA, tuttavia, mostrano che la ISON è integra. L’astro è appena entrato nel campo di vista del Solar and Heliospheric Observatory (SOHO), che seguirà il suo percorso sino al perielio atteso nella serata di domani (passaggio radente previsto alle 19:38). L’ingresso della cometa coincide con un’espulsione di massa coronale (CME) avvenuta nel lontano lembo sud-occidentale del Sole, che non porrà alcun pericolo per la piccola Ison. Gli astronomi si sono chiesti cosa potrebbe accadere in caso di impatto e per fornire una risposta dobbiamo tornare al 2007, quando gli stessi ricercatori rimasero stupiti nell’osservare un’espulsione di massa coronale colpìre la chioma della cometa Encke, strappandone la coda. La cometa di Natale, tuttavia, passerà circa 30 volte più vicina alla corona solare di quanto non abbia fatto la Encke, e lo farà nei pressi del picco massimo del ciclo undecennale, con eruzioni più frequenti. Questo vuol dire che l’evento è assolutamente probabile, dal momento che nel 2007 la nostra stella era in pieno minimo solare. Gli astronomi sperano che un simile evento accada (visto che ingloberebbe nuovamente la Encke), dal momento che le particelle cariche e le nubi di plasma andrebbero a delineare una vera e propria visione tridimensionale della struttura interna di un CME. L’eruzione non farebbe del male alla ISON, ma darebbe la possibilità di studiare le interazioni con la coda dell’astro chiomato. Le espulsioni di massa coronale sono nubi di plasma magnetizzato lanciate nello spazio dalle esplosioni delle aree attive del Sole. I gas all’interno di questi eventi sono molto densi, quindi l’impatto non manderebbe in frantumi le comete. A differenza della fragile coda. Oggi, un eventuale tempesta solare sarebbe ben più veloce, vista la distanza così inferiore della cometa, e gli astronomi non sono in grado di prevedere eventuali scenari futuri. Nell’evenienza, i veicoli spaziali della NASA scandaglieranno l’area. Il CME osservato nel video, tuttavia, non sta affrontando direttamente la cometa, dal momento che la sua origine proviene da un’area attiva che non coincide con il suo percorso. “Devo ammettere che ero abbastanza preoccupato ieri mattina“, dice Matthew Knight dell’Osservatorio Lowell. “La cometa, tuttavia, ha fatto riscontrare un nuovo aumento di luminosità nelle successive 36 ore, rendendo tutti più ottimisti“. Del resto non è la prima volta che ribadiamo quanto sia difficile prevedere la dinamica di un astro al primo viaggio nel sistema solare interno, colmo di materiale primordiale e ancora immacolato. Inoltre, un passaggio radente di una cometa di questo tipo non è mai stato studiato con questo genere di dettagli, per cui l’evento, a prescindere dal risultato, rappresenta una grande opportunità per la scienza. “Una grande ricetta per l’ignoto”, come sostiene l’astronomo Karl Battams della campagna osservativa della NASA.