Una nuova ricerca condotta dai ricercatori del Policlinico Gemelli e del Joslin Diabetes Center dell’Universita’ di Harvard (Boston) getta luce sulla presenza, in alcune persone, di speciali scudi anti-diabete. Andrea Giaccari, professore associato di Diabetologia del Gemelli e consigliere nazionale della Societa’ italiana di diabetologia (Sid) e coordinatore del gruppo di ricerca italiano spiega: “L’idea di questo studio nasce da una domanda postami dal professor Gennaro Clemente, della grande scuola chirurgica del professor Gennaro Nuzzo. Il collega chirurgo, pur eseguendo sempre la stessa tipologia di intervento per asportare i tumori della testa del pancreas, ha avuto modo di osservare che alcuni pazienti escono dalla sala operatoria con il diabete, mentre altri no. Perche’?”. Giaccari ha quindi deciso di studiare approfonditamente questi pazienti, per scoprire cosa differenziasse quelli che sviluppano il diabete nel post-operatorio, da quelli che mantengono una condizione di normoglicemia. Per capire cosa succede in chi, a dispetto del corredo di fattori di rischio, non presentava diabete dopo l’intervento, Teresa Mezza, giovane ricercatrice del Gemelli e primo nome del lavoro, ha esaminato nei laboratori di Boston, dove si trova grazie a una borsa di studio della Societa’ Italiana di Diabetologia, la porzione di pancreas asportata chirurgicamente. Giaccari afferma: “In questo modo siamo riusciti a scoprire che alcuni pazienti erano in grado di difendersi dal diabete creando nuove cellule produttrici di insulina, attraverso la ‘trasformazione’ (il termine tecnico e’ ‘trans-differenziazione’) delle cellule del pancreas produttrici glucagone, in cellule che producono insulina. Sono proprio queste cellule ‘trans’ a permettere a queste persone di mantenere la glicemia normale, nonostante la presenza dei fattori di rischio“. Le isole endocrine del pancreas sono composte da due ben distinte popolazioni cellulari, entrambe coinvolte nel metabolismo del glucosio, ma con funzioni diametralmente opposte: le cellule beta producono insulina, l’ormone deputato a ridurre la glicemia; le cellule alfa sono invece deputate alla produzione di glucagone, un ormone che alza la glicemia. In alcune persone, nel momento del bisogno, un tipo cellulare si trasforma nell’altro. Giaccari prosegue: “Con questo lavoro abbiamo evidenziato che le cellule alfa aumentano di numero, si “differenziano”, cioe’ regrediscono a uno stato primordiale, perdendo la memoria di quello che sono, e in seguito si ri-differenziano in cellule beta, che producono insulina. In altre parole, le cellule alfa che producono glucagone, seguendo un comando ancora ignoto ma gia’ riprodotto in vitro, cambiano completamente ‘vocazione’, trasformandosi in cellule produttrici di insulina. Con questo meccanismo alcune persone riescono spontaneamente a evitare il diabete. Ed e’ anche possibile ipotizzare che la perdita di questo meccanismo sia alla base di alcune forme di diabete. “Il prossimo passo – annuncia Giaccari – sara’ di proseguire questo filone di ricerca sul modello animale, per arrivare ad identificare i meccanismi molecolari alla base di questa trans-differenziazione (cioe’ il misterioso ‘comando’ che porta una cellula a differenziarsi in un altro tipo cellulare) per poi verificarli nell’uomo. L’importanza dei risultati di questo studio ci ha spinto tuttavia a condividerli subito con tutta la comunita’ scientifica. La ricerca e’ particolarmente innovativa perche’ non studia i meccanismi che conducono al diabete, ma come poterlo evitare, nonostante la presenza di fattori di rischio. Capire i meccanismi che permettono di difendersi dal diabete potra’ consentire un giorno di riprodurli e di sfruttarli a fini terapeutici. Dobbiamo insistere su questa nuova strada – conclude Andrea Giaccari – sono certo che ora, oltre a noi, molti laboratori nel mondo la seguiranno, e la soluzione si trovera’. Nel frattempo, la prima terapia resta sempre il ritorno alle origini: attivita’ fisica ed alimentazione sana”. “Al lavoro hanno partecipato diversi ricercatori del nostro Policlinico, ed e’ l’esito di un proficuo ‘gioco di squadra’ messo in atto nella nostra Universita’ – afferma Alfredo Pontecorvi, direttore della Cattedra di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo del Policlinico Gemelli e coautore del lavoro – sappiamo che il diabete influenza l’andamento di molte malattie e i loro esiti, anche all’interno di un Policlinico come il nostro. Per questo stiamo realizzando un polo diabetologico integrato, sia assistenziale che di ricerca, per far fronte a quella che viene considerata una delle minacce piu’ serie per la salute nei prossimi anni. E’ altresi’ importante accrescere la conoscenza del diabete fra tutti i nostri operatori. A cominciare dagli studenti di Medicina che, dal prossimo anno, dovranno svolgere specifiche attivita’ di addestramento professionalizzante per la diagnosi e la terapia del diabete mellito“. “L’esito di queste ricerche – commenta Stefano Del Prato, presidente Sid – e’ un successo anche della Societa’ Italiana di Diabetologia che ha finanziato la borsa di studio della dottoressa Mezza. Per combattere il dilagare del diabete e’ fondamentale promuovere la prevenzione, la migliore assistenza e l’aggiornamento continuo degli operatori sanitari. Ma la vera soluzione, la cura definitiva del diabete, potra’ essere trovata solo attraverso la promozione ed il finanziamento della ricerca. E questo e’ e rimane il nostro primo obiettivo come societa’ scientifica”.