In arrivo lo sciame delle Geminidi: naso all’insù per le “stelle cadenti” di Dicembre

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La Terra sta entrando in un flusso di detriti dell’asteroide 3200 Phaethon (come vedremo si tratta di un’ipotesi contestata), fonte dello sciame annuale delle meteore Geminidi. Al momento il nostro pianeta si trova soltanto nella parte periferia dello sciame, per cui i tassi orari registrati non sono ancora numerosissimi. Nonostante ciò, la rete canadese CMOR sta rilevando numerosi echi radar provenienti dalla costellazione dei Gemelli a dieci giorni dal picco massimo. Le circostanze con cui potremo osservarle quest’anno non sono favorevoli, dato che la maggior frequenza dovrebbe verificarsi nelle ore diurne del 13 dicembre. Si potranno comunque ottenere osservazioni utili soprattutto nella seconda parte della notte sia del 12/13 dicembre e sia dopo la mezzanotte del 13/14 dicembre, quando cessera’ il disturbo della Luna e il radiante sarà più alto sull’orizzonte. Le vedremo irradiarsi da un’area poco a nord-ovest di Castore, in numero maggiore prima del massimo, anche se meno luminose. Generalmente producono frequenze orarie abbastanza sostenute: nei tre giorni intorno al massimo è possibile osservarne in un’ora più di una ventina e nella fase del massimo un numero superiore al centinaio.

Lo sciame delle Geminidi è relativamente giovane. Fu osservato per la prima volta soltanto nel 1830 da una barca sul fiume Mississippi. Nel corso degli anni è  divenuto sempre più evidente, divenendo lo sciame più intenso e spettacolare dell’anno. Queste “stelle cadenti” sono conosciute per la loro “lenta” entrata in atmosfera, che permette una visione migliore dell’evento. Esse, infatti, impattano con la nostra atmosfera a circa 35 km/s, permettendo una migliore osservazione.  Alcune di esse appaiono di colorazione giallastra e in passato, durante notti prive di disturbi, sono state osservate oltre 120 meteore per ora (ZHR). Il clima dicembrino non permetterà osservazioni agevoli come quelle delle notti estive, motivo per cui questo sciame, seppur spettacolare, è meno conosciuto della famosa “Notte di San Lorenzo”.

cielo-stellatoCOME OSSERVARLE – L’occhio nudo rappresenta il miglior strumento di osservazione per apprezzarne la magnificenza. Telescopi e binocoli, infatti, nonostante consentano una visione più dettagliata del firmamento, riducono ampiamente il campo visivo d’osservazione, riducendo la possibilità di osservare queste scie imprevedibili. Tra i requisiti fondamentali per le osservazioni, recarsi sotto cieli bui, lontani da fonti luminose o da inquinamento urbano, al fine di avere una magniudine limite più elevata. Ideale un cielo d’alta quota, dove l’atmosfera risulta più rarefatta. Utilizzare, tra le altre cose, luci schermate di rosso, indossare un abbigliamento consono al clima, appostarsi in maniera comoda e avere a disposizione una buona bevanda calda.
Le meteore sembreranno provenire tutte dalla costellazione dei Gemelli (ricostruendo la traiettoria della scia luminosa), punto che viene chiamato radiante. Ma questo non vuol dire che sarà necessario osservare sempre e soltanto quel punto, anzi, sarebbe preferibile guardare altrove! Le meteore in prossimità del radiante hanno una coda molto corta a appariranno quasi come dei punti, per cui, l’ideale è osservare tutto il cielo a disposizione.

Credit: NASA
Credit: NASA

UNO SCIAME PARTICOLARE – Le Geminidi differiscono da altri sciami in quanto prodotte dagli avanzi di un asteroide (ipotesi recentemente contestata a favore di una cometa estinta), a differenza della stragrande maggioranza di ‘stelle cadenti’ prodotta da comete. La differenza sostanziale sta nella densità e nella resistenza rispetto alle particelle cometarie. Quando questi detriti colpiscono la nostra atmosfera, bruciano per attrito, generando luce. Facendo parte di un asteroide disgregato, questi piccoli granelli spaziali sono più resistenti, e hanno quindi più possibilità di sopravvivere sino all’atmosfera inferiore. Una tipica particella delle Geminidi presenta una grandezza di circa 1 millimetro, ma ha una storia praticamente avvolta nel mistero. Tra le ipotesi suggerite dai ricercatori, ne esiste una che sembra reggere maggiormente rispetto alle altre. Questa ipotesi prevede una collisione remota tra due asteroidi che avrebbe rilasciato queste particelle libere nello spazio. Intorno al 1830, la gravità di Giove, il gigante del nostro sistema solare, avrebbe spostato questo flusso nei secoli lungo l’orbita terrestre, permettendo lo spettacolo annuale a cui assistiamo ai giorni nostri.

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