“I nostri studi indipendenti indicano con chiarezza che l’aspartame e’ una sostanza a rischio tumore”. A dirlo e’ Fiorella Belpoggi, direttore dell’Istituto Ramazzini di Bologna che da oltre 10 anni studia in modelli animali gli effetti del dolcificante. Le ricerche dell’Istituto sono state spesso al centro di duri confronti con i sostenitori della tesi sull’assenza di rischio. Belpoggi commenta dunque l’ultimo parere, pubblicato dall’Agenzia europea per la sicurezza degli alimenti (Efsa), secondo il quale non ci sono pericoli con consumi nei limiti consentiti. “Sono una scienziata – dice all’Adnkronos Belpoggi – non devo dare indicazioni regolatorie. Posso solo dire quello che le evidenze scientifiche mi dimostrano. Abbiamo finanziato, in autonomia, 3 ricerche che sono costate 3 milioni di euro. Questi studi, su due specie animali diverse (ratto e topo, da sempre utilizzati nei test di laboratorio) ci hanno dimostrato che l’aspartame, anche nelle dosi consentite, provoca dei tumori, in sedi diverse. E secondo le indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanita’ effetti cancerogeni su specie diverse e con sedi diverse indicano una probabilita’ anche nell’uomo. Questi sono i dati”. Per quanto riguarda invece le critiche fatte sulle metodologie di studio, che in passato hanno messo in dubbio le stesse ricerche dell’Istituto Ramazzini, Fiorella Belpoggi ricorda che “e’ appena uscito un lavoro dell’Environmental Protection Agency (Epa) statunitense che, a seguito di un’ispezione degli esperti nei nostri laboratori, conferma che la nostra metodologia e i nostri di lavori sono di alta qualita'”. Inoltre, spiega ancora Belpoggi, “abbiamo avviato una collaborazione con il National Institute of Environmental Health Sciences (Niehs) con il quale abbiamo organizzato una revisione di studi legati all’aspartame, dati che gli americani vogliono utilizzare per la revisione delle dosi consentite. Noi ci muoviamo in maniera scientifica. Non si puo’ dire lo stesso per l’Efsa che, sui nostri studi, poteva organizzare un’ispezione. Ripetere gli esperimenti sarebbe costato meno di perdere anni di consultazioni”, conclude.