Caffè, prezzemolo e cannella: tutto sull’innovativa plastica vegetale

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bioplasticaCaffe’, prezzemolo e cannella per far nascere la plastica 100% vegetale. Ma possono essere utilizzati anche altri rifiuti vegetali. scienza e ambiente, riciclo e riduzione dei rifiuti: c’e’ tutto questo nello studio dell’Istituto italiano di tecnologia, una delle eccellenze del ‘sistema Italia’ che dalle colline di Genova, dove ha sede, ha realizzato un tipo di plastica biodegradabile, che puo’ diventare anche a km zero ed avere una sorta di ‘origine controllata’. Ogni anno l’umanita’ produce 290 milioni di tonnellate di rifiuti derivanti da plastica. Gli scarti che oggi galleggiano nell’oceano – la cui degradazione richiederebbe circa 1000 anni – potrebbero costituire un’isola grande come la Sicilia. Allo stesso tempo l’Europa produce 28 milioni di tonnellate di scarti vegetali. Partendo da questo dato nasce l’idea di trasformarli in plastica e la soluzione l’hanno trovato gli scienziati dell’Iit, guidati da Athanassia Athanassiou. L’innovazione permette di recuperare per intero gli scarti vegetali e riutilizzarli per applicazioni che consentono di ridurre il consumo di materie prime e l’inquinamento. Insomma, dalle verdure alla plastica. Il procedimento e’ semplice: gli scarti di caffe’, prezzemolo e cannella vengono trattati con solventi che evaporano e la materia diventa malleabile e completamente biodegradabile. Gli utilizzi potenziali sono molteplici, perche’ tutto dipende dai vegetali usati e dalle nanoparticelle con cui questi vengono arricchiti. In questo modo si possono ottenere plastiche con proprieta’ antiossidanti e antimicrobiche oppure sterili. E non mancano quelle con la capacita’ di assorbire i metalli pesanti dispersi nell’acqua o essere adatte per inserire chip, sfruttando le caratteristiche magnetiche. “Potremmo avere plastica a km zero, di origine controllata, in grado di cambiare colore e fragranza ad ogni stagione. Un materiale 100% green, che in piu’ potrebbe consentire di risolvere il problema dello smaltimento dei rifiuti biologici”, dicono all’Iit. In un futuro non troppo lontano si potrebbe arrivare alla realizzazione di contenitori per alimenti anch’essi commestibili. Un mercato potenziale enorme, anche se gli ostacoli non mancano. A partire da quello economico: il valore della plastica normale e’ di un euro al chilo contro quello stimato di 6/7 euro della bioplastica. “Le bioplastiche hanno impieghi potenziali ad alto valore aggiunto: dai tappetini per il mouse fino ai fili per la sutura chirurgica in grado di rilasciare un farmaco, dalle tettarelle dei biberon ai giocattoli. “Il processo di produzione e’ molto semplice e potrebbe essere ben integrato con la filiera agricola-alimentare di cui si potrebbero valorizzare quelli che oggi sono scarti, con costi alti per lo smaltimento. Per partire pero’ per una produzione allargata, bisognerebbe puntare su alcune nicchie: penso agli imballaggi, al settore beauty, alla purificazione dell’acqua, ad alcuni accessori per la moda”, spiega la responsabile del progetto, Athanassia Athanassiou. All’Iit e’ tutto pronto, ora tocca all’industria compiere il passo verso la produzione.

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