Medicina: testato in laboratorio il primo pacemaker biologico

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CUORE emozioni Verso pacemaker biologici ‘che crescono da soli’ nell’organismo e ‘imbrigliano’ il ritmo del cuore impazzito. Questa soluzione da film di fantascienza oggi è più vicina, grazie a uno studio pionieristico condotto nei suini. Scienziati americani sono riusciti, infatti, a trasformare delle cellule cardiache in ‘cellule pacemaker’, iniettando un gene ad hoc. Il bio-pacemaker è stato quindi in grado di “curare efficacemente una malattia” negli animali, hanno detto gli scienziati del Cedars-Sinai Heart Institute di Los Angeles, illustrando lo studio su ‘Science Traslational Medicine’. Un lavoro eccezionale, anche se per la British Heart Foundation le applicazioni pratiche della ricerca sono ancora “molto lontane”. Per ottenere il bio-pacemaker i ricercatori hanno iniettato un gene in un gruppo di maiali con una patologia che provoca una frequenza cardiaca molto bassa. La terapia genica ha trasformato alcuni dei miliardi di normali cellule del muscolo cardiaco degli animali in cellule specializzate, molto più rare, che mantengono il battito del cuore ‘a ritmo’. La striscia di cellule modificate, delle dimensioni di un granello di pepe, ha agito poi come un pacemaker per due settimane, comportandosi proprio come un dispositivo convenzionale, spiegano i ricercatori. “Siamo stati in grado, per la prima volta, di creare un pacemaker biologico con metodi minimamente invasivi e di dimostrare che questo supporta le esigenze della vita quotidiana”, ha spiegato alla Bbc online Eduardo Marban, che ha guidato il team di ricerca. “Inoltre siamo stati i primi a riprogrammare una cellula del cuore in un animale in vivo, per curare in modo efficace una malattia”. I pacemaker convenzionali sono dispositivi elettronici, impiantati nel petto per ‘imbrigliare’ un battito cardiaco anomalo. Il pacemaker invia impulsi elettrici regolari per mantenere il ritmo regolare. Gli scienziati stanno lavorando sulla creazione di pacemaker biologici che potrebbero un giorno essere usati al posto di quelli elettronici, o in attesa di poterli impiantare. “I bambini ancora nel grembo materno non possono avere un pacemaker, ma speriamo di lavorare con gli specialisti di medicina fetale per creare un trattamento salva-vita per i bambini con una diagnosi di blocco cardiaco congenito”, ha detto il co-autore Eugenio Cingolani, direttore della Cardiogenetics-Familial Arrhythmia Clinic del Cedars-Sinai Heart Institute. “E’ possibile che un giorno potremo essere in grado di salvare vite umane, sostituendo l’hardware con una iniezione di geni”, conclude lo studioso argentino.

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