Terremoti in aree interessate da attività invasive nel sottosuolo: chi decide se sono “naturali” o “stimolati”?

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fracking_1L’Italia è interessata da tragicamente note strutture sismogenetiche in grado di originare terremoti di magnitudo massima intorno a 7; la classificazione sismica del territorio è di recente istituzione per cui gran parte dei manufatti sono stati realizzati senza criteri antisismici.

In numerose aree caratterizzate da sottosuolo con faglie sismogenetiche si rinvengono giacimenti di idrocarburi e sono in corso o previsti interventi invasivi quali stoccaggi mediante reiniezione ad alta pressione di acque inquinate, di metano e di anidride carbonica nonchè attività di produzione e reiniezione di fluidi geotermici.

Come è noto le attività antropiche invasive nel sottosuolo possono causare sismicità indotta (in genere di limitata magnitudo) e/o attivare quella naturale di magnitudo tale da arrecare notevoli disastri in superficie.

E’ ovvio che coloro che eseguono ed autorizzano le attività invasive nel sottosuolo non hanno alcun interesse a rivelare se le attività antropiche abbiano causato o stiano provocando o potranno innescare o attivare, in qualche modo, sismicità per evitare eventuali conseguenze.
E’ come se tra chi autorizza e chi esegue ci fosse un “tacito accordo” sul fare credere che tutta la sismicità sia solo naturale.
Abbiamo visto l’atteggiamento di squallida copertura operato dai rappresentanti delle istituzioni pubbliche con la secretazione per circa due mesi del Rapporto ICHESE e poi la non edificante prosecuzione con le indagini del campo Cavone nell’area epicentrale dei sismi del maggio 2012 la cui relazione conclusiva è stata elaborata, con aggiornamenti, da sei esperti statunitensi che avevano già eseguito in precedenza l’indagine su incarico di ENI. I dati di tale rapporto non sono stati validati da INGV, appositamente incaricato, e per ora sono stati approvati da Regione Emilia Romagna, MISE, Padana Energia-Gas Plus e Assomineraria. Cioè dalle compagnie petrolifere e dalle istituzioni che hanno interesse a fare apparire “tutta l’operazione regolare”.

Sulla pagina internet ufficiale di ENI si può leggere “il pensiero” della compagnia circa le relazioni tra attività invasive nel sottosuolo e sismicità. Ecco quanto riportato da ENI. “La letteratura sismologica utilizza comunemente i termini “indotto‘ e “innescato‘ per descrivere i ter remoti causati da azioni umane.
I terremoti indotti sono eventi in cui le attività antropiche sono responsabili esclusive dei terremoti.
Al contrario, i terremoti innescati sono eventi dove lo stress su una faglia è tettonico (naturale), ma le attività umane perturbano leggermente lo stress sulla faglia stessa, procurando il verificarsi del terremoto prima (o dopo) del suo accadimento naturale. In entrambe i contesti è importante sottolineare l’importanza di un idoneo sistema di monitoraggio e prevenzione e di un’adeguata educazione civica.
Nonostante non se ne conoscano i meccanismi e le possibili correlazioni la più moderna letteratura scientifica attribuisce a molteplici fenomeni sia naturali che antropici la possibilità di innescare sismicità. Ad esempio: ” Attrazione della luna e del sole; Maree; Eruzioni vulcaniche; Impatti di meteoriti; Frane; Test nucleari; Gestione degli invasi idrici (Dighe); Miniere; Geotermia. La coltivazione degli idrocarburi in generale implica piccole variazioni dell’equilibrio naturale, a scala molto limitata e comunque di ordini di grandezza inferiori rispetto ad altri fenomeni naturali in grado di innescare in qualsiasi momento attività sismica.
In aggiunta è da dire che la situazione italiana sia sotto il profilo geologico che operativo è di impatto modesto su questo tema poiché i pozzi perforati così come i volumi di idrocarburi estratti e le acque di strato reiniettate in giacimento hanno valori molto bassi se paragonati a quei casi indiziati di sismicità indotta.

Sulla pagina ufficiale dell’UNMIG (MISE) si legge quanto segue nella pagina dedicata alle eventuali problematiche causate da produzione di idrocarburi. “Quali sono i maggiori rischi che queste attività possono comportare? Quali enti sono competenti a vigilare sull’ambiente? Vengono previsti dei piani di monitoraggio ambientale? I comparti ambientali che possono essere coinvolti dalle attività di estrazione e primo trattamento di gas e petrolio sono l’atmosfera, acqua e suolo.
Se gli impianti sono eserciti a regola d’arte e secondo le prescrizioni tecniche impartite dagli Enti competenti, l’impatto ambientale derivante dalle attività di estrazione è quello previsto nello studio d’impatto ambientale e ritenuto adeguato dalle autorità competenti (Ministero dell’Ambiente e Regioni). In caso contrario le attività sono sospese ed i luoghi sono ripristinati a spese dei titolari, che sono anche soggetti alle sanzioni previste dalla legge. In relazione allo Stoccaggio di gas naturale si legge: “Le domande più frequenti sullo stoccaggio. Esiste la possibilità che si verifichino fenomeni sismici a seguito dello stoccaggio del gas nel sottosuolo? Nessuno degli studi e delle analisi condotte in questi anni ha evidenziato possibili correlazioni fra fenomeni sismici e lo stoccaggio di gas nel sottosuolo in Italia. Come ulteriore e continua verifica, tutti i giacimenti sono costantemente monitorati con appositi sensori al fine di rilevare eventuali eventi microsismici. Inoltre, a seguito delle raccomandazioni dell’ICHESE, il Ministero ha istituito nel febbraio 2014 un Gruppo di Lavoro per la definizione di Linee Guida per il monitoraggio della microsismicità.”
Come si vede c’è accordo tra la posizione statale e quella di ENI: sintetizzando, la sismicità è naturale, basta monitorare le conseguenze delle attività invasive che si possono svolgere anche sulle faglie sismogenetiche cariche di energia tettonica.
In pratica si può intervenire sul sottosuolo “malato” tanto se succede qualcosa (un evento sismico più o meno distruttivo) sono i danneggiati che, senza dati alla mano, devono dimostrare che la causa non è solo quella naturale.
Non passa per la testa il pensiero: ma se il sottosuolo di un’area abitata è malato, e non lo conosco dettagliatamente, forse è meglio non aggravare il suo precario stato dal momento che è sicuro che l’intervento invasivo aggraverà di una certa percentuale non definibile, il suo precario stato, considerando poi che la maggioranza dei manufatti non è stata costruita con criteri antisismici.
Più comodo, ovviamente, negare ogni possibile relazione sostenendo che se si vuole continuare ad avere l’attuale stile di vita bisogna per forza estrarre idrocarburi anche se ciò comporta rischi: i cittadini non vogliono rinunciare all’automobile? Allora devono subire per forza le spiacevoli conseguenze!
Nei giorni scorsi si sono verificati eventi sismici di bassa magnitudo nel mare antistante le Marche e in Basilicata in provincia di Matera in aree interessate da attività estrattive nelle ultime decine anni. Ho pubblicato una nota evidenziando semplicemente tale coincidenza, senza sostenere un eventuale rapporto di causa ed effetto.
Circa gli eventi della Basilicata il Prof. Marco Mucciarelli ha pubblicato una nota di cui allego la parte conclusiva. “Alcune persone mi hanno chiesto se ci fosse relazione tra questo sciame ed i pozzi metaniferi di Ferrandina. Al momento non ci sono più pozzi attvi nella concessione a nord dello sciame (Ferrandina-Serra Pizzuta, in rosso nella figura seguente) e di tutti i pozzi a Sud (Concessione Serra Pizzuta, sempre in rosso) solo uno è in produzione ed in via di esaurimento. In zona era stato progettato uno stoccaggio gas ma al momento i lavori sono stati differiti. I pozzi in verde nella figura successiva vicino agli epicentri sono pozzi esplorativi mai entrati in produzione, che i cui dati sono disponibili nella banca dati VIDEPI. Dai profili si può vedere come l’orizzonte mineralizzato a metano sia costituito da sabbie intrappolate in argille a circa 1600 metri di profondità, ovvero a un decimo della profondità media dello sciame che è prevalentemente avvenuto tra 10 e 17 km di profondità.

Tutto finirà qua!
In Italia esiste una struttura pubblica credibile e trasparente, non implicata e non implicabile in consulenze a favore delle compagnie petrolifere e delle società interessate ad eseguire interventi invasivi nel sottosuolo per fini commerciali, che si deve interessare di fenomeni come quelli sopra ricordati, a vantaggio della tranquillità e sicurezza di tutti i cittadini?
Chi conosce, al di fuori delle compagnie, quali siano state e siano attualmente le attività invasive effettuate nel sottosuolo?
Chi stabilisce se i terremoti in aree interessate da faglie attive sismogenetiche e da attività invasive nel sottosuolo sono “naturali” o “stimolati”?
Mi sembra che attualmente siamo scoperti e ciò non va a vantaggio dei cittadini.

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