Clima: la temperatura dell’oceano antartico farà aumentare il livello dei mari

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The Russian fishing vessel Sparta is seen in waters in the Ross Sea, close to the Antarctic ice shelfLa temperatura elevata dell’acqua negli oceani intorno all’Antartide potrebbe provocare un improvviso aumento dei livelli dei mari in tutto il mondo. È quanto emerge da uno studio condotto da scienziati australiani e neozelandesi, che hanno utilizzato modelli avanzati della calotta di ghiaccio dell’Antartide e del clima per ricreare le condizioni presenti dopo l’ultima era glaciale, quando sia l’oceano che l’atmosfera si riscaldarono rapidamente. I risultati, ha riferito Nick Golledge, ricercatore della Victoria University, suggeriscono che cambiamenti negli oceani potrebbero modificare in maniera significativa la stabilità della calotta dell’Antartide, il che potrebbe di conseguenza causare un aumento dei livelli dei mari. Quando l’oceano intorno all’Antartide diventa più stratificato, riferiscono gli scienziati, l’acqua calda in profondità fa sciogliere la piattaforma di ghiaccio più rapidamente rispetto a quando l’oceano è meno stratificato. Un esempio drammatico di questo processo si verificò circa 14mila anni fa e portò a un aumento improvviso dei livelli dei mari di quasi 3 metri nell’arco di pochi secoli. Le attuali osservazioni oceanografiche, spiega Golledge, dimostrano che l’oceano sta di nuovo diventando più stratificato. In superficie l’acqua sta diventando più fredda e meno salata, ma in profondità l’oceano si sta riscaldando e sta già accelerando lo scioglimento di alcuni ghiacciai. “Non è chiaro – ha ammesso Golledge – se la calotta di ghiaccio reagirà a questo cambiamento delle condizioni dell’oceano così rapidamente come 14mila anni fa ma, dato che il 10% della popolazione mondiale vive a meno di 10 metri sopra l’attuale livello dei mari, questo studio mette in evidenza la necessità di definire meglio la complessa relazione tra l’Antartide e l’oceano meridionale”. Tra gli autori dello studio ci sono anche ricercatori dell’Istituto neozelandese di scienze geologiche e nucleari e dell’University of New South Wales.

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