“Il caso di Parma, ennesimo territorio messo in ginocchio dalle alluvioni, conferma drammaticamente che il mix tra cambiamenti climatici, cementificazione e abbandono della montagna ha costretto il territorio ad una condizione di emergenza permanente. Ma inseguire le emergenze e pagare i danni e’ un esercizio (dovuto) privo di prospettive, sia sotto il profilo economico che politico”. Parte da qui Legambiente Emilia-Romagna per dire che in regione, “la vera priorita’ ambientale, sociale ed economica e’ una sola: la messa in sicurezza del territorio”. Il che pero’, rilevano gli ambientalisti, non pare l’approccio delle “scelte politiche del Governo, con lo Sbloccaitalia orientato alla realizzazione di grandi opere spesso manifestamente inutili e sbagliate, come quelle previste in regione”, mentre le amministrazioni locali sono “costrette a impegnare risorse umane e economiche per avviare progetti inutili come la nuova autostrada Cispadana, anziche’ per progettare una manutenzione del territorio”. Per Legambiente, poi, “suona come una beffa che proprio nel parmense, mentre l’Appennino frana e il capoluogo va sott’acqua, con le casse di espansione sul torrente Baganza ferme da tempo, negli stessi giorni si stiano posando i picchetti della futura autostrada Ti-Bre, nove chilometri di un’opera inutile che si fermera’ nel bel mezzo della pianura, senza collegare nulla. Con un risultato certo, pero’: devastazione del territorio, al costo di oltre 500 milioni di euro, in cambio del rinnovo della concessione ad Autocisa ed appalti ai grandi gruppi di costruzione”. Secondo Legambiente, “occorre cambiare davvero direzione, mettendo al centro delle priorita’ politiche e di spesa la cura del territorio e le opere di prevenzione e mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici”. Troppi indizi dicono che questa e’ una urgenza grave: oggi il parmense, a settembre l’esondazione del Lamone e del Santerno tra Faenza e Bologna, non piu’ tardi di sei mesi fa la rottura del Quaderna a Medicina e l’alluvione del modenese, e nel 2011 i comuni di Sala Baganza e Collecchio con una vittima, e questo “solo sul fronte dei corsi idrici. Ma sono oltre 70.000 le frane censite nelle nostre montagne, destinate progressivamente all’incuria e all’abbandono, e sono sempre piu’ frequenti episodi di siccita’ come quella che di recente ha messo in crisi il territorio romagnolo”, evidenzia Legambiente senza dimenticare le trombe d’aria del modenese, e le mareggiate “sempre piu’ violente sulla costa cementificata che, con l’abbassamento del terreno dovuto al fenomeno della subsidenza, determinano un rischio sempre piu’ alto di inondazioni”. Eppure, “si risponde pero’ con opere di cementificazione senza freno che impermeabilizzano il terreno, interventi sbagliati che costringono i corsi d’acqua ad alvei sempre piu’ stretti e artificializzati, canali intubati, edifici ed attivita’ a ridosso degli argini”. Di qui un appello alla prossima amministrazione regionale: scelga “se continuare ad alimentare un circolo vizioso e nefasto di scelte sbagliate, o se invece cambiare rotta: superare visioni politiche che non hanno fondamento strategico e sono spesso la risposta a vecchi schemi clientelari, mettere da parte la visione ormai superata delle grandi opere autostradali e impegnarsi seriamente sulla prevenzione”.
Alluvione Parma, Legambiente: la città sott’acqua ma il cemento avanza
