Halloween? Una festa made in Italy. Ne è convinto l’antropologo Luigi Maria Lombardi Satriani, secondo cui le origini della ‘macabra’ ricorrenza celebrata la notte del 31 ottobre e resa nota nel mondo dalla tradizione statunitense del ‘dolcetto o scherzetto’ sarebbero italiane, e in particolare del sud. In un volume scritto insieme a Mariano Meligrana negli anni Novanta, dal titolo ”Il ponte di San Giacomo”, l’antropologo rileva che l’usanza di svuotare una zucca, ricavarne occhi e tratti che ricordano un viso umano, e porvi all’interno una candela risale alla migrazione delle popolazioni meridionali in America. La ragione è antropologica, ovvero il bisogno di stabilire una sorta di comunicazione con i cari defunti. Halloween, dunque, sarebbe una ”festa di ritorno” per gli italiani del sud. Che la tradizione della zucca vuota e intagliata è presente in Calabria da tempo lo dimostra l’usanza del ”Coccalu di muortu” di Serra San Bruno, nel vibonese. I ragazzini riproducono un teschio intagliando la zucca e lo portano in giro nel paese, quindi bussando alle porte delle abitazioni o a chi incontrano per strada chiedono ”Mi pagate il coccalu?”. Questa scena ricorda molto il ”trick or treat?” ovvero ”dolcetto o scherzetto?” della tradizione di Halloweenstatunitense.
In realtà, sebbene la festa di Halloween si stia diffondendo con serate a tema nelle discoteche oppure con rassegne culturali, in Calabria è ancora molto forte la ricorrenza di Ognissanti in preparazione alla commemorazione dei defunti. Anticamente si usava andare in corteo al cimitero e ci si fermava a mangiare sulle tombe, a voler fare compagnia ai defunti. Questa tradizione era di origine arberesh, ai bambini veniva regalata anche una calza con i dolci. Le pietanze tipiche del periodo sono ”lagana e ceci” (fettuccine fatte in casa con i ceci) e i dolci di apostolo, preparati con pasta di mandorle e dalla forma allungata.
La curiosità per il mistero coinvolge alcune comunità calabresi per racconti particolari. E’ noto che San Fili, paese poco sopra Cosenza in direzione Tirreno, viene chiamato anche ”il paese delle magare”. Le magare erano le fattucchiere, le streghe. Sebbene temute per i loro poteri, in realtà molti andavano da loro, per lo più dai paesi vicini, a chiedere interventi che si pensava avessero del soprannaturale. La leggenda vuole che venissero ricompensate per i loro servigi non in denaro ma con prodotti della natura. Oggi quella leggenda è diventata una rassegna culturale ”La notte delle magare” che si svolge in estate.