Le misure di quarantena forzata adottate per gli operatori umanitari asintomatici di ritorno dalle aree colpite dal virus ebola in Africa occidentale “non sono fondate su alcuna base scientifica e potrebbero indebolire gli sforzi per arginare l’epidemia laddove ha avuto origine”. E’ quanto denuncia in un comunicato l’organizzazione medico-umanitaria Medici senza Frontiere (Msf), secondo cui un accurato periodo di osservazione sanitaria per gli operatori di rientro dai paesi colpiti dall’ebola e’ preferibile rispetto all’isolamento coercitivo degli individui asintomatici. “Esistono vie diverse per rispondere ai timori della popolazione e agli imperativi sanitari e la risposta all’ebola nei paesi che non sono colpiti direttamente dall’epidemia non deve essere guidata in alcun modo dal panico”, ha affermato Sophie Delaunay, direttore esecutivo di Msf Usa. “Qualsiasi provvedimento privo di fondamento medico-scientifico che richieda l’isolamento forzato degli operatori sanitari che hanno operato nelle aree affette dalla malattia e che sono in buona salute verrebbe utilizzato come disincentivo per combattere l’epidemia laddove e’ necessario combatterla: in Africa occidentale”, ha aggiunto. Il personale internazionale di Msf si impegna per un compito difficile per circa 4-6 settimane nei paesi colpiti dall’ebola. Il rischio di essere posti in quarantena per 21 giorni a completamento del proprio lavoro svolto in Africa ha gia’ indotto alcune persone a ridurre il tempo della propria disponibilita’. Altri potrebbero essere meno inclini a partire e questo porterebbe a disordini operazionali significativi per Msf e per altre organizzazioni e alla carenza di operatori sanitari di cui abbiamo disperatamente bisogno in questo momento per sconfiggere l’epidemia di ebola. Come e’ richiesto per operare in zone colpite dal virus ebola, Msf si affida ad un ristretto gruppo di persone altamente qualificate. Ulteriori restrizioni di accesso a quel gia’ ridotto numero di professionisti umanitari – si legge nella nota – porterebbe a conseguenze devastanti. Sin dal mese di marzo Msf ha mandato piu’ di 700 operatori per rispondere all’epidemia di ebola in Africa occidentale. Le restrizioni adottate dagli Stati Uniti nei confronti degli operatori rientrati dalle aree dell’Africa occidentale colpite dal virus ebola potrebbero essere impiegate anche da altri paesi, mettendo a rischio la capacita’ di risposta contro l’epidemia. “Dobbiamo agire sulla base di criteri scientifici e non secondo agende politiche”, ha afferma Joanne Liu, presidente internazionale di Msf. “Il modo migliore per ridurre il rischio di diffusione dell’ebola al di fuori dell’Africa occidentale – ha aggiunto – e’ di combattere il virus sul posto. Le politiche volte a rallentare il corso di tale azione o a scoraggiare il prezioso contributo che personale altamente qualificato puo’ offrire a questa lotta, sono assolutamente miopi. Abbiamo bisogno di guardare ben oltre i nostri propri confini per contenere quest’epidemia”.