“E’ stato un viaggio difficile e triste, la popolazione è disperata e ha tutte le ragioni per esserlo”. Lo sottolinea all’Adnkronos mons. Robert J. Vitillo, sacerdote della Caritas Internationalis e delegato presso le Nazioni Unite a Ginevra, al ritorno dal suo viaggio in Liberia dove ha dato supporto alla mobilitazione internazionale per combattere il virus Ebola. Il delegato Onu riporta un quadro desolante: “la gente si ammala e anche quelli che guariscono vengono esclusi dalla comunità per paura di un nuovo contagio”. “Molti bambini hanno perso le loro famiglie per intero e sono rimasti orfani” racconta Vitillo, che aggiunge: “la diocesi di Monrovia sta collaborando con gli istituti cattolici del posto per accogliere i bambini e controllarne lo stato di salute”. Al fianco della Chiesa però figurano il governo liberiano e il ministero della Sanità, che, dice Vitillo, sta mettendo in campo tutte le sue forze per combattere l’emergenza.
“Non va dimenticato – aggiunge Vitillo – che la risposta sanitaria deve tenere conto anche della presenza di altre malattie, ugualmente gravi, come l’Hiv che colpisce largamente la popolazione”. E la Chiesa è intervenuta “con la firma di programmi anti Aids”. Nonostante gli sforzi per migliorare la situazione, “la corruzione resta un grande problema e la Liberia viene da un conflitto che ne ha lacerato le infrastrutture sanitarie, che sono, ora, carenti”. “Un governo povero non riesce a fare fronte a questo tipo di emergenze anche con tutta la buona volontà, ma da Monrovia si stanno distribuendo compiti e responsabilità con attenzione al pericolo corruzione”. Per ovviare a questo pericolo “la Banca Mondiale ha prestato del denaro alla Liberia, per pagare gli operatori sanitari e , sua volta, il governo ha versato i soldi direttamente sui conti correnti dei medici, in modo da combattere il malaffare”. Dalle parole di Vitillo si comprende come la lotta all’epidemia non sia da combattere solo sotto il profilo sanitario, ma anche sociale e, non ultimo, culturale. “La Chiesa si occupa di trovare il cibo ma ci sono comunità ecclesiastiche, su tutte i salesiani, che si preoccupano di informare la popolazione locale sulla diffusione del virus e su tutto quello che c’è da sapere sull’epidemia”. Il sacerdote della Caritas aggiunge poi che, di fronte alla tragedia dell’Ebola, non sembrano esistere differenze di confessione. “Molti musulmani collaborano con noi” e, conclude Vitillo, “non ho sentito pressioni da parte di gruppi fondamentalisti”, nonostante nell’area sia forte la presenza della fazione integralista Boko Haram. Vitillo è parte della risposta umanitaria della Caritas nel paese martoriato dall’epidemia di Ebola. Il delegato Onu, cittadino statunitense, ha una vasta esperienza nel campo delle crisi sanitarie gravi, essendosi occupato della risposta della Chiesa all’Hiv e all’Aids per più di 25 anni. Anche in Guinea e in Sierra Leone le reti di Caritas e gruppi ecclesiali locali stanno portando aiuti ai villaggi e alle diocesi isolate, diffondendo informazioni sanitarie su Ebola.