Tumore al cervello: allo studio un farmaco mirato contro il DNA malato

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CERVELLO7 - CopiaPartirà entro fine anno, e coinvolgerà anche l’Italia, il primo studio clinico su un candidato farmaco ‘super intelligente’ che colpisce in modo mirato l’alterazione genetica responsabile di una specifica forma di glioblastoma, il cancro al cervello più diffuso e aggressivo. Tumori che nel 100% dei casi sviluppano una ricaduta entro 2 anni, con un’aspettativa di vita di 2-3 mesi. Una condanna a morte che in futuro potrebbe essere ribaltata, grazie a molecole che si stanno dimostrando in grado di ridurre fino a un -50% la lesione rilevata con la risonanza magnetica. In pratica di dimezzarla. Lo annuncia all’Adnkronos Salute Antonio Iavarone, scienziato italiano che nel 1999 è emigrato negli Usa alla Columbia University di New York con la moglie Anna Lasorella, dopo avere denunciato un caso di nepotismo ai loro danni nella Capitale. Regista della sperimentazione sarà proprio Iavarone, ‘padre’ della mappa genetica più completa mai realizzata del glioblastoma. In uno studio pubblicato nell’agosto 2013 su Nature Genetics, la coppia ha identificato i geni-pilota che guidano il tumore, permettendogli di sopravvivere e svilupparsi. “Alterazioni che per il cancro funzionano come uno stupefacente – spiega Iavarone – Drogano letteralmente il tumore, rendendolo dipendente” come fosse schiavo di coca o eroina. Bombardando queste mutazioni con farmaci specifici, quindi, è possibile ‘sparare’ sulla neoplasia una pallottola fatale. L’alterazione-bersaglio del trial prossimo a partire è la fusione dei geni Fgfr e Tacc, presente nel 3% dei pazienti con glioblastoma. Da qui la necessità di selezionare con analisi molecolari ultraprecise i malati portatori del difetto. “Una condizione imprescindibile per l’inserimento nello studio”, tiene a precisare lo scienziato, tornato in questi giorni in patria per partecipare a Torino al meeting dell’Eano, Associazione europea di neuro-oncologia. La sperimentazione, di fase clinica I/II (quindi volta a valutare anche l’efficacia del composto targato AstraZeneca, sul quale sono già disponibili dati positivi di sicurezza), sarà la prima appositamente disegnata per i pazienti con glioblastoma portatori della mutazione Fgfr-Tacc. Il trial verrà condotto in 12 centri – soprattutto europei (Francia, Gb e Italia con l’Istituto neurologico Carlo Besta di Milano, al quale si potrebbero aggiungere altre 2 strutture), e alcuni in Canada – su 40 pazienti nei quali sarà stata verificata la presenza dell’alterazione bersaglio. “Il che significa doverne analizzare moltissimi di più”, sottolinea Iavarone, ribadendo la necessità di un network internazionale per questi screening di genetica molecolare. Una rete alla quale partecipi attivamente l’Italia, dove “oggi gli ospedali non dispongono praticamente mai, con rarissime eccezioni, di materiale tumorale congelato” su cui fare l’esame. Il punto di partenza del nuovo studio è il successo ottenuto con un altro composto anti mutazione Fgfr-Tacc, sviluppato da Janssen, su 4 pazienti con glioblastoma positivo all’alterazione selezionati dal team di Iavarone, e ‘infilati’ in un trial su altri tumori condotto all’Istituto Gustave Roussy di Parigi. “Sui 3 pazienti già valutabili sono state riscontrate risposte positive: malati ancora vivi, nessuna ricaduta, lesione cerebrale ridotta fino a un massimo del 50%”. E ora partirà il primo trial specifico contro il glioblastoma: “Il protocollo sul composto di AstraZeneca è già in fase molto avanzata – dice lo scienziato – L’obiettivo principale è valutare la risposta clinica dopo 6 mesi di trattamento (sopravvivenza libera da progressione di malattia). Il farmaco si somministra per bocca e ha dimostrato effetti collaterali molto bassi, tali da poter ipotizzare una somministrazione cronica della terapia”. Il sogno, dunque, è raggiungere per il killer glioblastoma “un controllo farmacologico simile a quello attualmente possibile per patologie come diabete o ipertensione”. La speranza di Iavarone è che questo primo studio possa spianare la strada ad altri trial, che possa fare da ‘cavatappi’, da apripista per nuove sperimentazioni. “Perché la ricerca continua – avverte – Altre aziende sono al lavoro e fra 9-12 mesi dovremmo avere a disposizione altri candidati farmaci che si preannunciano ancora più potenti. Ecco perché, al congresso di Torino, discuteremo anche della possibilità di pianificare entro il 2015 una sperimentazione sotto l’egida dell’Eortc, l’Organizzazione europea per la ricerca e il trattamento del cancro”. Ma “attenzione”, ripete lo scienziato. “Questi non sono farmaci per tutti, bensì mirati a precise alterazioni genetiche che il paziente deve presentare per poter essere trattato”. Medicinale giusto a paziente giusto: è la sfida, ma anche il ‘prezzo’, della medicina personalizzata. Una legge in apparenza dura che Iavarone gira però in positivo: “La possibilità di sequenziare il Dna tumorale, mappando nei pazienti diverse alterazioni responsabili della malattia (che geneticamente non è una ma sono tante), significa anche che in teoria ogni malato potrà avere il suo farmaco. Per ciascun tumore si potrà cercare un medicinale potenzialmente efficace”, da provare ‘sul campo’ con studi ad hoc. “Ecco perché è indispensabile che gli ospedali italiani entrino nell’ottica di congelare campioni tumorali”, insiste Iavarone. “E’ la mia battaglia mediatica: provare a introdurre anche nel mio Paese una mentalità diversa. Davanti a un cancro non si può più dire che non c’è niente da fare. C’è sempre qualcosa da fare, ma per farlo è necessario creare una rete di strutture valide impegnate nella ricerca traslazionale verso terapie personalizzate. E’ su questo che l’Italia deve investire”. Solo allora, forse, il cervello di Benevento fuggito nella Grande Mela tornerà a casa.

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