L’ondata di maltempo che in queste ore sta duramente colpendo le regioni settentrionali, ed in modo particolare la Liguria, dove sono in atto dei temporali localmente intensi, nella giornata di domani si estenderà alle regioni centrali tirreniche, per poi colpire duramente il meridione nella giornata di giovedì, quando l’estesa saccatura, sprofondando con il suo ramo più meridionale fino all’entroterra desertico dell’Algeria centrale, comincerà ad essere pressata sia da ovest che da est. Difatti, il rialzo dei valori di geopotenziale sull’Atlantico orientale, e la forte resistenza operata ad est dal robusto promontorio anticiclonico di blocco, centrato con massimi di oltre 1030 hpa sul mar Nero, provocheranno il graduale “Stretching” dell’asse di saccatura. La parte più meridionale della stessa, subendo lo “Stretching”, tenderà rapidamente ad evolvere in una ciclogenesi, sottovento alla Catena dell’Atlante algerino, mentre il resto della saccatura verrà pian piano riassorbito dal flusso perturbato principale. La genesi di questa depressione è da ricondurre al richiamo di aria calda e molto secca sub-tropicale continentale dai quadranti meridionali, che dall’entroterra desertico libico occidentale e dai deserti sabbiosi dell’Algeria orientale si espande in direzione del bacino centro-occidentale del Mediterraneo, muovendosi lungo il bordo orientale della saccatura atlantica che affonda sull’Algeria.
Questo flusso meridionale, in sviluppo sul bordo orientale della saccatura atlantica, risalendo verso il Mediterraneo impatta sulla catena montuosa dell’Atlante Telliano, dove tende ad invorticarsi, favorendo la formazione di una depressione orografica che si chiude nei bassi strati, presentando un minimo barico sottovento all’Atlante che evolverà verso levante. Una volta strutturatasi nella media troposfera, con dei massimi di vorticità positiva isolati dal flusso perturbato principale alla base dell’asse di saccatura, la “depressione orografica”, nel corso del pomeriggio di giovedì, tenderà a spostarsi verso levante, coinvolgendo dapprima la Tunisia, ed in seguito pure la Sicilia, richiamando su di essa intensi e umidi venti di scirocco che dalla Cirenaica risaliranno il mar Libico e lo Ionio, assorbendo un gran quantitativo di umidità che verrà scaricata sotto forma di intense precipitazioni lungo le coste ioniche di Sicilia e Calabria, e i versanti orientali di Etna, Peloritani, Aspromonte, Serre e Sila, dove si verificheranno apporti pluviometrici davvero molto abbondanti capaci di produrre fulminee ondate di piena nei principali bacini idrografici. Ma nel corso del pomeriggio di giovedì, una delle aree maggiormente colpite dalle forti precipitazioni, a prevalente sfogo di rovescio o temporale, sarà proprio quella del messinese, dove, vista l’analisi del campo del vento nei bassi strati, predisposto da S-SE e SE fino ai 700 hpa, mentre nell’alta troposfera scorrerà un ramo secondario ascendente del “getto polare” in risalita dalla Libia occidentale (il cui effetto risucchio prodotto dal suo passaggio nell’alta troposfera enfatizzerà la convenzione (forzata) costringendo l’aria ad ascendere molto velocemente verso l’alto), si potrebbe attivare il cosiddetto “effetto Alcanta Agrò”.
L’”effetto Alcantara Agrò” e le sue implicazioni
In determinate circostanze, quando la dorsale peloritana viene sferzata da possenti flussi sciroccali (con raffiche fino a 120-130 km/h sui crinali), derivati da grandi differenze di pressione fra il basso Tirreno e lo Ionio, sono proprio le zone del messinese tirrenico ad essere flagellate da precipitazioni persistenti che possono divenire persino torrenziali, mentre il versante ionico della provincia, che in teoria dovrebbe essere quello maggiormente esposto all’aria caldo e umida convogliate dallo Scirocco, rimane quasi a secco, con qualche fulmineo rovescio di pioggia misto a sabbia desertica (lo Scirocco ne trasporta sempre un bel quantitativo dal Sahara algerino o libico). Proprio in questa zona si accende una dinamica di correnti molto particolare che favorisce l’afflusso di enormi quantità di umidità e vapore acqueo, pronto alla condensazione e allo sviluppo di compatti addensamenti nuvolosi pronti a dare la stura a precipitazioni alle volte abbondanti. Quando la componente assume una direzione da S-SE o SE, sia in quota che al suolo, allora il gioco è fatto.

L’immagine radar riferita all’alluvione messinese del 22 Novembre 2011 mostrano gli intensi nuclei precipitativi che dai Peloritani meridionali muovono verso le coste del messinese tirrenico e la Calabria, apportando piogge di carattere torrenziale
Qui poi entra in scena la vallata dell’Alcantara, e in misura minore pure la val d’Agrò, dove scorrono gli omonimi corsi d‘acqua. Molto spesso, quando le correnti si orientano da SE a tutte le quote (nella medio-alta troposfera), l’aria molto umida e pesante che sale dallo Ionio verso il versante orientale di Etna e i Peloritani, in parte, si incanala all’interno dell’Alcantara e della valle d’Agrò, penetrando per chilometri fino all’entroterra. L’aria molto umida, di provenienza ionica, incanalandosi dentro le strette vallate ioniche, fra Etna e Peloritani, è costretta a valicare i primi comprensori montuosi, che rappresentano il versante meridionale della dorsale nebroidea. Per una forzatura orografica la massa d’aria molto tiepida e carica di umidità viene costretta a sollevarsi verso l’alto lungo la parte più alta del bacino dell’Alcantara. Salendo di quota tenderà a raffreddarsi favorendo la condensazione del vapore acqueo e il successivo sviluppo di imponenti annuvolamenti cumuliformi (Cumuli, Congesti, Cumulonembi) lungo il crinale esposto a sud. La presenza in quota di una forte getto meridionale, in genere o da Sud o Sud-ovest, che scorre a gran velocità sopra la catena montuosa, va ad esaltare le cumulogenesi orografiche che si vengono a formare in loco (tra il versante nord dell’Etna, il sud dei Peloritani e il sud dei Nebrodi) fino al punto da farle tracimare sull’altro versante, ossia quello che si affaccia al Tirreno. Se l’umido flusso sciroccale che si incanala sull’Alcantara persiste per ore il continuo afflusso di aria umida marittima che viene sbattuta sul versante meridionale dei Nebrodi contribuirà ad alimentare la crescita degli addensamenti nuvolosi che diverranno sempre più compatti e sviluppati, al punto da dare la stura a piogge di moderata o forte intensità che rimarranno persistenti fino a quando non si rompe questo delicato equilibrio che si instaura fra i due versanti nebroidei (basta un calo della ventilazione per annullare gli effetti o far concentrare le precipitazioni solo sui versanti meridionali dei Nebrodi e monti Peloritani). Alle volte sono proprio i rilievi, al confine tra Etna, Peloritani e Nebrodi, ad agevolare la costruzione di grandi annuvolamenti cumuliformi sopra il crinale montuoso che poi, agganciati dai forti venti meridionali in quota (sopra i 5000-6000 metri), si espandono sino al longano e alla pianure del milazzese portando piogge e rovesci, sotto le sferzanti raffiche di scirocco e ostro che scendono dai rilievi circostanti.
Tale dinamica, meglio nota come “effetto Alcantara-Agrò” (dal nome delle omonime vallate che lo producono), già responsabile dell’alluvione dell’11 Dicembre 2008 (Falcone, Barcellona..), si è riproposta nei minimi dettagli anche nell’alluvione lampo del 22 Novembre 2011, che flagello duramente il comprensorio tirrenico messinese, fra l’area del longano e i comuni della valle del Mela, inclusa l’area di Saponara. In quegli episodi, in quota, nell’alta troposfera, transitava un ramo secondario del “getto”, disposto da sud-ovest a nord-est, che toccando le strutture temporalesche che nel frattempo si sviluppavano nel versante sottovento al crinale dell’Etna e dei Peloritani meridionali, ne favoriva una decisa inclinazione verso il milazzese e l’area tirrenica, fino alle frazioni più settentrionali del comune di Messina, rendendo i temporali autorigeneranti (stazionari), nei medesimi luoghi. Grazie al rifornimento continuo di masse d’aria tiepide, molto umide e instabili, provenienti dal mar Ionio, e sospinte a gran velocità dall’impetuoso scirocco che ha spazzato i crinali dei Peloritani, con raffiche prossime ai 90-100 km/h.