Melanoma: significativo beneficio in sopravvivenza con nivolumab

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MelanomaBristol-Myers Squibb ha presentato i risultati del CheckMate -066, studio di fase III randomizzato in doppio cieco che ha confrontato nivolumab, inibitore del checkpoint immunitario PD-1, verso dacarbazina in pazienti con melanoma avanzato non precedentemente trattati che non presentano la mutazione di BRAF (n = 418). Lo studio ha raggiunto l’endpoint primario di sopravvivenza globale (OS); la mediana di OS non è stata raggiunta nel braccio nivolumab, cioè la maggior parte dei pazienti era ancora in vita, mentre i pazienti trattati con dacarbazina hanno avuto una sopravvivenza mediana di 10,8 mesi. Il tasso di sopravvivenza a un anno con nivolumab è stato del 73% rispetto al 42% con dacarbazina (HR di morte = 0,42; p < 0,0001), con una riduzione del rischio di morte per i pazienti trattati con nivolumab del 58%. In termini di sopravvivenza, questo vantaggio è stato osservato nei pazienti trattati con nivolumab sia in quelli PD-L1 positivi che in quelli PD-L1 negativi. I risultati del CheckMate -066 sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine e presentati a Zurigo al Congresso internazionale della Society for Melanoma Research.
“I risultati del CheckMate -066 sono significativi poiché per la prima volta un inibitore del checkpoint immunitario PD-1 ha dimostrato un beneficio in termini di sopravvivenza in uno studio randomizzato di fase III. In quanto fino ad oggi, nonostante i recenti progressi nel trattamento del melanoma avanzato, una risposta duratura e una sopravvivenza a lungo termine costituiscono ancora per la maggior parte dei pazienti un bisogno clinico non soddisfatto” ha affermato Caroline Robert, Professor of Dermatology, Head of the Dermatology Unit, Institute Gustave Roussy (Parigi) e primo autore dello studio pubblicato sul New England Journal of Medicine. “Questo rappresenta un importante traguardo nel trattamento dei pazienti naïve con melanoma avanzato senza mutazione di BRAF”.
Il profilo di sicurezza è stato valutato in tutti i pazienti trattati nei due bracci. Sono state riscontrate minori interruzioni del trattamento correlate al farmaco nei pazienti trattati con nivolumab rispetto a dacarbazina (6,8% vs 11,7%), lo stesso dicasi per gli eventi avversi di grado 3 e 4 (11,7% vs 17,6%), che sono stati gestiti utilizzando gli algoritmi di trattamento raccomandati. Gli eventi avversi più comuni correlati al nivolumab sono stati affaticamento (20%), prurito (17%) e nausea (16,5%). Gli eventi avversi comuni nel braccio con dacarbazina sono stati coerenti con quelli osservati in precedenza e hanno incluso nausea (41,5%), vomito (21%), affaticamento (15%), diarrea (15%) e tossicità ematologica. Nessun decesso è stato attribuito a tossicità da farmaco in entrambi i bracci.
“I pazienti naïve con melanoma avanzato che hanno ricevuto nivolumab in questo studio hanno avuto miglioramenti clinicamente significativi sia in termini di sopravvivenza globale che di risposta obiettiva rispetto alla dacarbazina”, ha aggiunto Georgina V. Long, Melanoma Institute Australia & the University of Sydney e Mater Hospital. “Questo studio conferma inoltre le nostre ipotesi sul ruolo dell’espressione di PD-L1 nel melanoma avanzato. Nel CheckMate -066 sia i pazienti PD-L1 positivi che quelli PD-L1 negativi trattati con nivolumab hanno avuto un chiaro beneficio in termini di sopravvivenza”.
“I risultati di questo studio di fase III con nivolumab, che aveva la sopravvivenza come endpoint, si basano sulla ricerca innovativa che ci ha permesso di rendere disponibile ipilimumab nel 2011 e mostrano chiaramente come siamo impegnati ad offrire ad un numero sempre maggiore di pazienti la possibilità di una sopravvivenza a lungo termine” ha dichiarato Michael Giordano, senior vice president, Head of Development, Oncology, Bristol-Myers Squibb. “Continuiamo a sviluppare il nostro portfolio di farmaci per i vari stadi del melanoma e in molti altri tipi di tumore, sia in monoterapia che in regimi di combinazione”.

Disegno dello studio Checkmate -066
CheckMate -066 è uno studio randomizzato di fase III in doppio cieco condotto in pazienti con melanoma non operabile in stadio III e IV che non presentano mutazione di BRAF non precedentemente trattati. Lo studio ha arruolato 418 pazienti che sono stati randomizzati a ricevere nivolumab (3 mg/kg ogni 2 settimane; n = 210) o dacarbazina (1000 mg/m2 ogni 3 settimane; n = 208). Il trattamento è stato proseguito fino a progressione di malattia o un livello inaccettabile di tossicità. Il 38% dei pazienti nel braccio dacarbazina ha ricevuto ipilimumab dopo l’interruzione del farmaco previsto dallo studio. Tutti i pazienti randomizzati sono stati seguiti fino a un massimo di 16,7 mesi, quando è stato chiuso l’arruolamento. L’endpoint primario era la sopravvivenza globale. Endpoint secondari erano la sopravvivenza libera da progressione (PFS) e il tasso di risposta obiettiva (ORR), valutato secondo i criteri RECIST 1.1, e l’espressione di PD-L1 come biomarcatore predittivo di OS. La positività a PD-L1 è stata definita in presenza di almeno il 5% delle cellule tumorali che mostravano l’espressione di PD-L1 sulla superficie cellulare. Lo studio, che è stato disegnato in accordo con il ‘Committee for Medicinal Products for Human Use’ (CHMP), è stato inizialmente condotto in nazioni dove dacarbazina è un trattamento comunemente utilizzato in prima linea, inclusi Canada, Europa e Australia, ma non nei centri statunitensi. Il 24 giugno 2014, Bristol-Myers Squibb ha annunciato che lo studio CheckMate -066 era stato chiuso anticipatamente perché un’analisi condotta dal Comitato indipendente di Monitoraggio dei Dati aveva dimostrato una sopravvivenza globale superiore nei pazienti trattati con nivolumab rispetto al braccio di controllo con dacarbazina. A seguito di ciò, il cieco è stato aperto ed è stato consentito ai pazienti di ricevere nivolumab. Tuttavia, i risultati pubblicati oggi si riferiscono alla valutazione dello studio in doppio cieco, prima all’apertura dello stesso.

Risultati dettagliati dello studio
La sopravvivenza globale mediana non è stata raggiunta nei pazienti trattati con nivolumab mentre è stata di 10,8 mesi con dacarbazina (IC 95%: 9,3 – 12,1). Il tasso di sopravvivenza a un anno con nivolumab è stato del 73% (IC 95%: 66 – 79), rispetto al 42% (IC 95%: 33 – 51) con dacarbazina. C’è stata una riduzione del rischio di morte nei pazienti trattati con nivolumab del 58% (HR di morte = 0,42; IC 99,79%: 0,25 – 0,73; p<0,0001). La sopravvivenza libera da progressione (PFS) mediana è stata rispettivamente di 5,1 mesi e 2,2 mesi (HR = 0,43; IC 95%: 0,34 – 0,56; p<0,0001).
Il tasso di risposta obiettiva è stato significativamente più alto con nivolumab che con dacarbazina (40% vs 14%; p<0,0001). Risposte complete sono state osservate nel 7,6% dei pazienti trattati con nivolumab vs 1% di quelli trattati con dacarbazina. La durata mediana della risposta non è stata raggiunta nei pazienti che hanno risposto a nivolumab, mentre è stata di 6 mesi con dacarbazina (IC 95%: 3,0 – non stimata). L’86% dei pazienti trattati con nivolumab sta continuando a rispondere rispetto al 51% con dacarbazina.
In entrambi i sottogruppi, sia pazienti positivi per PD-L1 che negativi o non testati per PD-L1, nivolumab ha mostrato una migliore sopravvivenza globale rispetto a dacarbazina (HR non stratificato = 0,30; IC 95%: 0,15 – 0,60 nei pazienti positivi per PD-L1, e = 0,48; IC 95%: 0,32 – 0,71 nei pazienti negativi o non testati per PD-L1). La sopravvivenza globale mediana non è stata raggiunta in nessuno dei sottogruppi PD-L1 nel braccio con nivolumab, mentre nel braccio con dacarbazina è stata leggermente più lunga nel sottogruppo PD-L1 positivo (12 vs 10 mesi).
I dati di sicurezza sono stati valutati per tutti i pazienti trattati nei due bracci e l’incidenza di eventi avversi di qualsiasi grado correlati al trattamento è stata comparabile nei gruppi con nivolumab e dacarbazina (rispettivamente 74,3% e 75,6%). Tuttavia, nel braccio con nivolumab sono state osservate meno interruzioni correlate al trattamento rispetto alla dacarbazina (6,8% vs 11,7%) e meno eventi avversi di grado 3 e 4 correlati al trattamento (11,7% vs 17,6%), che sono stati gestiti utilizzando gli algoritmi di trattamento raccomandati. La frequenza di eventi avversi seri di grado 3 e 4 correlati al trattamento è stata simile nei gruppi trattati con nivolumab e dacarbazina (rispettivamente 5,8% vs 5,9%). Gli eventi avversi più comuni correlati al trattamento con nivolumab sono stati affaticamento (20%), prurito (17%) e nausea (16,5%). Eventi avversi comuni nel braccio con dacarbazina sono stati coerenti con quelli osservati in precedenza e hanno incluso nausea (41,5%), vomito (21%), affaticamento (15%), diarrea (15%) e tossicità ematologica. Nessun decesso è stato attribuito a tossicità da farmaco in entrambi i bracci.

Nivolumab
Le cellule tumorali possono servirsi di percorsi di regolazione del segnale intracellulare, come quelle di ‘checkpoint’, per sfuggire al sistema immunitario e proteggersi dal suo attacco. Nivolumab è un inibitore del checkpoint immunitario PD-1, completamente umano, che si lega al recettore di checkpoint PD-1 espresso sulle cellule T attivate.
Bristol-Myers Squibb ha un vasto programma di sviluppo clinico per valutare nivolumab in diversi tipi di tumore – in monoterapia o in combinazione con altre terapie – che coinvolge più di 7.000 pazienti in tutto il mondo in più di 35 studi. Tra questi, vi sono molti studi potenzialmente registrativi in pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC), melanoma, carcinoma renale (RCC), tumore testa-collo, glioblastoma e linfoma non-Hodgkin.
Nel 2012, l’FDA ha assegnato a nivolumab la designazione di ‘Fast Track’ nel NSCLC, nel melanoma e nel carcinoma renale. Sulla base dello studio CheckMate -063 ad aprile 2014 l’azienda ha avviato la procedura di sottomissione (‘rolling submission’) all’FDA di nivolumab in pazienti in terza linea di trattamento nel NSCLC a cellule squamose; il completamento della sottomissione è atteso entro la fine dell’anno.
A maggio 2014, l’FDA ha assegnato a nivolumab la designazione di ‘Breakthrough Therapy’ per il trattamento dei pazienti con linfoma di Hodgkin dopo fallimento del trapianto autologo di cellule staminali e brentuximab. Il 4 luglio, Ono Pharmaceutical Co. ha ricevuto l’approvazione per la produzione e commercializzazione di nivolumab in Giappone per il trattamento dei pazienti con melanoma non operabile, rendendolo il primo inibitore di checkpoint immunitario PD-1 a ricevere l’approvazione regolatoria in tutto il mondo. Il 26 settembre Bristol-Myers Squibb ha annunciato che l’FDA ha accettato la sottomissione della ‘Biologic Licence Application’ (BLA) con procedura di revisione prioritaria per nivolumab nel melanoma avanzato precedentemente trattato e la decisione di ‘Prescription Drug User Fee Act’ (PDUFA) è attesa per il 30 marzo 2015. L’FDA ha anche riconosciuto a nivolumab lo stato di ‘Breakthrough Therapy’ per questa indicazione. Nell’ambito dell’Unione Europea, l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ha validato la richiesta di autorizzazione all’immissione in commercio (Marketing Authorization Application-MAA) per nivolumab nel melanoma avanzato. La richiesta di procedura di revisione accelerata è stata approvata anche dal ‘Committee for Medicinal Products for Human Use’ (CHMP) dell’EMA. L’EMA ha validato inoltre la richiesta di autorizzazione all’immissione in commercio (MAA) per nivolumab anche nel NSCLC (tumore del polmone non a piccole cellule).

Melanoma avanzato
Il melanoma è una forma di tumore cutaneo caratterizzato dalla crescita incontrollata delle cellule che producono pigmento (melanociti), localizzate nella pelle. Il melanoma metastatico è la forma più letale di questa malattia e si manifesta quando il tumore si diffonde oltre la superficie della cute ad altri organi, come i linfonodi, i polmoni, il cervello e altre aree del corpo. L’incidenza del melanoma è aumentata negli ultimi 30 anni. Nel 2012, sono stati diagnosticati circa 232.130 casi di melanoma nel mondo. Il melanoma nella maggior parte dei casi è curabile se viene trattato negli stadi iniziali della malattia. Mentre se si è già negli stadi più avanzati è una delle forme più aggressive di cancro e nel passato aveva un tasso di sopravvivenza medio di appena sei mesi con una mortalità a un anno del 75%.

Immuno-oncologia in Bristol-Myers Squibb
Chirurgia, radioterapia, chemioterapia o terapie target hanno rappresentato negli ultimi decenni i pilastri del trattamento per il cancro senza che la sopravvivenza a lungo termine e la qualità di vita siano migliorate in molti pazienti con malattia in stadio avanzato.
Per colmare un significativo bisogno clinico insoddisfatto di salute Bristol-Myers Squibb sta guidando il progresso dell’immuno-oncologia con terapie che interagiscono direttamente con il sistema immunitario per combattere il cancro. L’azienda sta esplorando una vasta gamma di molecole immuno-oncologiche in pazienti con diversi tipi di cancro, compreso lo sviluppo di potenziali combinazioni immuno-oncologiche per colpire vie cellulari diverse e complementari.
Siamo dedicati a migliorare sempre più i risultati nel trattamento del cancro con l’obiettivo di modificare le aspettative di sopravvivenza e il modo in cui i pazienti affrontano e convivono con il tumore.

Bristol-Myers Squibb e la collaborazione con Ono Pharmaceutical
Nel 2011, grazie ad un accordo di collaborazione con Ono Pharmaceutical Co., Bristol-Myers Squibb ha esteso i diritti per nivolumab in tutto il mondo esclusi Giappone, Corea del Sud e Taiwan, dove Ono mantiene i diritti sul farmaco. Il 23 luglio scorso Bristol-Myers Squibb e Ono Pharmaceutical hanno ulteriormente ampliato l’accordo di collaborazione strategica per sviluppare e commercializzare congiuntamente sia molecole singole che regimi di combinazione per il Giappone, Corea del Sud e Taiwan.

Bristol-Myers Squibb
Bristol-Myers Squibb è un’azienda farmaceutica globale, la cui mission è scoprire, sviluppare e rendere disponibili farmaci innovativi che aiutino i pazienti a combattere gravi malattie. Per maggiori informazioni, visitate il sito: www.bms.com e www.bms.it.

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