Nel nostro Paese la copertura del vaccino – raccomandato nel primo anno di età e previsto insieme all’esavalente a 3, 5 e 11 mesi – si attesta al 90%. Percentuale buona ma non ottimale
La vaccinazione contro lo pneumococco è una strategia di prevenzione fondamentale contro le diverse patologie di cui il batterio è responsabile, dalle semplici otiti e riniti fino a meningiti, polmoniti o sepsi. Ma nel nostro Paese la copertura del vaccino – raccomandato nel primo anno di età e previsto insieme all’esavalente a 3, 5 e 11 mesi – si attesta al “90%. Percentuale buona ma non ottimale: si dovrebbe arrivare al 95%”, spiega Susanna Esposito, direttore della Pediatria ad alta intensità di cura della Fondazione Irccs Policlinico di Milano, intervistata dall’Adnkronos Salute in occasione della Settimana mondiale dell’immunizzazione. A frenare l’adesione, secondo l’esperta, da una parte “la bassa percezione del rischio della malattia” e dall’altra “il timore i due vaccini nella stessa giornata, esavalente e antipneumococcico, non siano tollerati”. Due convinzioni errate, assicura Esposito. “Lo pneumococco – ricorda – è un batterio che causa patologie invasive e non invasive” . Le prime comuni come l’otite (medie e acute), rinosinusiti e anche molte polmoniti. Quanto alle patologie invasive “il batterio si replica nel sangue” e questo accade in una parte di polmoniti, meningiti e sepsi. “Si tratta di infezioni meno frequenti – prosegue la specialista – ma che possono associarsi a complicanze rilevanti, con esiti permanenti o, addirittura, in una certa percentuale di casi, il 10% delle polmoniti pneumococciche, anche al decesso”. Per quanto riguarda le patologie più importanti, ricorda Esposito, ogni anno, “considerando tutte le fasce di età, abbiamo circa 600 casi riportati tra sepsi e meningiti. Casi probabilmente sottostimati”.
A questi “vanno aggiunti tutti i problemi relativi alle polmoniti che portano a migliaia di ricoveri tra i bambini. E almeno la metà delle polmoniti in ospedale è causato da questo agente infettivo. Con percentuali diverse nelle diverse fasce d’età”. Se invece consideriamo le otiti, è più difficile fare stime sulle ‘responsabilità’ dello pneumococco “ma i dati internazionali indicano che almeno il 40% è provocato da questo agente infettivo”. La vaccinazione antipneumococcica così come è concepita, quindi, “è fondamentale per prevenire la malattia”. E per diverse ragioni. Innanzitutto – sottolinea Esposito – la vaccinazione “va eseguita in tutta la popolazione pediatrica nel primo anno di vita, insieme al vaccino esavalente, per evitare lo stato di portatore nasofaringeo del batterio che predispone a patologie come otiti e polmoniti”. Inoltre, “se vaccinassimo un bambino dopo il primo anno di vita non godremmo di tutti i vantaggi che il vaccino può invece avere. Questo è il motivo per il quale nel Piano nazionale per la prevenzione vaccinale l’antipneumococcico è raccomandato a tutti i nuovi nati in contemporanea all’esavalente”. La vaccinazione, aggiunge, “è tollerata molto bene. Non c’è timore che la somministrazione contemporanea aumenti gli effetti collaterali”. Anzi. La doppia somministrazione “permette di concentrare in solo 3 sedute vaccinazioni così importanti”. Una protezione che dura 5 anni, sufficiente per i bambini sani. Per i bambini con malattie croniche, invece, “è raccomandato un richiamo all’età di 5 anni”, per prolungare una protezione necessaria in questi piccoli. “Un’indicazione non compresa appieno. Per le vaccinazioni raccomandate in caso di patologia cronica i messaggi vengono recepiti con maggiore difficoltà”, osserva Esposito che accogli positivamente l’ingresso, a breve in Italia, di un nuovo vaccino decivalente. “Come al solito credo che avere a disposizione due prodotti sia importante sia per il medico sia per gli esperti di sanità pubblica”, spiega. “La concorrenza, infatti, permette di ridurre i costi dei vaccini e in un momento di risorse carenti l’elemento economico è un dato importante”. In ogni caso i dati raccolti per il nuovo vaccino “sono molto interessanti, ed evidenziano risultati buoni anche per sierotipi non inclusi nel vaccino. Credo che – conclude Esposito – l’avere a disposizione un altro prodotto per contrastare la patologia sia indubbiamente a nostro vantaggio”.