Ebola, Pulvirenti: salvato da cure intensive, ma serve un vaccino

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Per prepararsi alle nuove eventuali epidemie ed evitare una nuova strage da 11mila vittime, lo sviluppo di una prevenzione virologica potrebbe essere essenziale

Come sopravvivere all’Ebola e come prevenire nuove epidemie: di questo ha parlato oggi al Wired Next Fest di Milano Fabrizio Pulvirenti, il medico che a gennaio dopo settimane di terapia intensiva ha sconfitto la malattia contratta mentre lavorava in Sierra Leone per Emergeny con i contagiati. “Alcune volte credevo di non farcela, pensavo ai colleghi rimasti in Africa o alle mie figlie”, ha raccontato Pulvirenti, che ha spiegato anche le cure a cui si e’ sottoposto: prima con un trattamento antivirale senza buon esito, quindi ancora senza successo con il plasma da convalescente, infine con gli anticorpi del farmaco sperimentale Z-Mapp. “Ma e’ stata la terapia intensiva a salvarmi sostenendo funzioni vitali, ripristinando liquidi e assistendo la respirazione: cosi’ abbiamo curato tante persone in Sierra Leone”. Per prepararsi alle nuove eventuali epidemie ed evitare una nuova strage da 11mila vittime, ammette tuttavia il medico, lo sviluppo di una prevenzione virologica potrebbe essere essenziale, e su questo argomento e’ intervenuta Antonella Folgori, cofondatrice della biotech italiana Okairos che sta sviluppando un vaccino genetico contro Ebola: “Lavorando con NIH, l’istituto superiore della sanita’ americana, abbiamo trovato una soluzione che fa leva sulla risposta immunitaria stimolando e guidando i linfociti T killer – racconta Folgori – ora siamo in fase di sperimentazione clinica per assicurarci che il vaccino non danneggi chi e’ sano: forse la fine dell’epidemia potra’ rallentare la ricerca, ma per le prossime epidemie saremo gia’ pronti”. “Ma prima di tutto – conclude Pulvirenti – bisogna capire che stiamo trattando persone come noi, che meritano il trattamento che ho avuto anche io”.

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