Paracetamolo sul banco degli imputati: sotto accusa l’analgesico più venduto

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E’ l’analgesico più amato dagli italiani e svetta al primo posto con oltre 2,8 mln di confezioni tra i farmaci di automedicazione più venduti in Italia nel 2014

Il paracetamolo è stato da sempre considerato un principio attivo economico, sicuro ed efficace. Ma ultimamente diversi studi lo hanno messo sul banco degli imputati, indagando sui rischi correlati al suo utilizzo sopratutto per periodi prolungati e per le donne in gravidanza. Una ricerca dell’Università di Edimburgo, pubblicata di recente su ‘Science Translational Medicine reports’, ha evidenziato che le donne incinte che assumono il popolare antidolorifico potrebbero mettere a repentaglio la salute del feto, se è maschio, aumentando il rischio che in futuro possa sviluppare malattie come l’infertilità o il cancro. “Ho un mal di testa? Prendo un po’ di paracetamolo. Così come quando ho brividi e freddo. Purtroppo le persone spesso non leggono le indicazioni sul bugiardino – afferma Andrew Moore, ricercatore dell’Università di Oxford University al ‘Guardian’ – La dose massima infatti nelle 24 ore è di 4 grammi, perché superare i 5 grammi può causare alcune gravi complicazioni al fegato“. Il successo del paracetamolo nasce nel 1960, sulla scia dei timori che l’aspirina e altri farmaci antinfiammatori non steroidei (Fans) potessero causare ulcere e procurare altri gravi effetti collaterali all’intestino. Mentre il farmaco acquistava sempre più mercato, alcuni scienziati ne indagavano diversi aspetti. Nel 2011, Michael Doherty, un reumatologo all’Università di Nottingham, pubblica uno studio su circa 900 pazienti (over 40) abituali consumatori di paracetamolo, ibuprofene o una combinazione di entrambi per combattere il dolore cronico al ginocchio. Confrontando i dati dei partecipanti dopo 13 settimane, nota che un paziente su cinque che aveva assunto ibuprofene aveva perso una unità di sangue per una emorragia interna. Ma la vera sopresa è scoprire che la stessa cosa era accaduta nei pazienti che assumevano paracetamolo. “Il paracetamolo può effettivamente essere una farmaco molto pericoloso – spiega John Dickson, ex medico di famiglia in pensione di Northallerton (North Yorkshire) – Può causare problemi ai reni e al fegato, e sanguinamento gastrointestinale, come accade con i Fans“. Nel 2013 la Food and drug administration (Fda) ha stabilito che l’assunzione di paracetamolo può, in alcuni rari casi, provocare una malattia della pelle, potenzialmente fatale, chiamata sindrome di Stevens-Johnson. Vale la pena allora prendere il paracetamolo? Una revisione del 2006 della Cochrane Collaboration su 7 studi che hanno confrontato la molecola con il placebo, ha evidenziato che in due ricerche non c’era nessuna differenza quando veniva somministrato l’uno o l’altro. Mentre gli altri studi hanno provato un miglioramento in media del 5% in chi aveva preso paracetamolo. “Per la maggior parte delle persone è un placebo“, osserva Dickson. In conclusione, il messaggio degli esperti è che non si dovrebbe utilizzare il paracetamolo abitualmente. “C’è un notevole ritardo da parte dei medici e degli assistiti – conclude Dickson – nella gestione del dolore cronico. Si dovrebbe spiegare ai pazienti che questa condizione di per sé non fa alcun danno e spesso non si può curare con una sola pasticca“.

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