Tumore del colon-retto: efficace la combinazione di farmaci

MeteoWeb

I nuovi dati presentati all’ASCO 2015 hanno messo in luce come i benefici della combinazione bevacizumab-FOLFOXIRI siano superiori, rispetto allo standard terapeutico

Il carcinoma al colon-retto è il tumore con la maggiore insorgenza nella popolazione italiana, con quasi 52 mila nuove diagnosi stimate nel 2014, e uno dei più diffusi al mondo, con oltre 1,2 milioni di nuovi casi diagnosticati ogni anno. All’ASCO sono stati presentati importanti aggiornamenti del trial italiano TRIBE e dello studio CALGB/SWOG 80405, che hanno esaminato le opzioni terapeutiche più adatte per il trattamento di questa neoplasia. Il TRIBE è un trial italiano randomizzato di fase III, open label, multicentrico, che confronta l’associazione bevacizumab-FOLFOXIRI rispetto alla combinazione bevacizumab-FOLFIRI. I nuovi dati presentati a Chicago si sono focalizzati sul follow up a 48,1 mesi e hanno dimostrato come l’associazione bevacizumab-FOLFOXIRI abbia permesso di ottenere una sopravvivenza globale (OS) di 29,8 mesi con un significativo vantaggio, per tutti i pazienti arruolati nello studio, rispetto alla combinazione bevacizumab-FOLFIRI (25,8 mesi). Inoltre, con la tripletta bevacizumab-FOLFOXIRI si è registrata una sopravvivenza a 5 anni del 24,9%: un tasso raddoppiato rispetto al 12,4% ottenuto con la doppietta bevacizumab-FOLFIRI. I nuovi dati presentati all’ASCO 2015 hanno messo in luce come i benefici della combinazione bevacizumab-FOLFOXIRI siano superiori, rispetto allo standard terapeutico, in tutti i sottogruppi molecolari esaminati: pazienti RAS mutati, BRAF mutati e wild type. In particolare, nei pazienti BRAF mutati – circa l’8% dei pazienti con tumore metastatico del colon-retto, con un’aspettativa di vita che non supera l’anno – si è raggiunta una sopravvivenza di 19,1 mesi. “I risultati dello studio TRIBE presentati all’ASCO 2015 sono molto significativi. Il trial dimostra infatti che la combinazione bevacizumab-FOLFOXIRI migliora significativamente la sopravvivenza globale rispetto all’associazione bevacizumab-FOLFIRI con un HR pari allo 0.80 ed un vantaggio assoluto in termini di mediana di sopravvivenza di 4 mesi (da 25,8 a 29,8 mesi). “Si tratta di dati – ha commentato Alfredo Falcone, direttore del Polo Oncologico Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana e centro coordinatore dello studio – rilevanti anche dal punto di vista delle implicazioni per la pratica clinica. Bevacizumab- FOLFOXIRI rappresenta, infatti, una nuova opzione standard di trattamento che deve essere sempre considerata quando si deve trattare un paziente in buone condizioni generali che possa ben tollerare questo trattamento più intensivo.” “L’Italia – ha aggiunto Falcone – ha avuto un ruolo di primo piano. Si tratta, infatti, di uno studio unicamente italiano, frutto della collaborazione di 34 centri diffusi su tutto il territorio nazionale e rappresenta un buon esempio di squadra e per la ricerca no-profit del nostro Paese.” I nuovi dati dello studio CALGB/SWOG 80405, presentati ad ASCO 2015, hanno invece analizzato – a parità di efficacia e di sopravvivenza globale (OS) – il rapporto di costo-efficacia tra bevacizumab e cetuximab in aggiunta alla terapia chemioterapica standard di prima linea nei pazienti “wild type RAS”. L’analisi è stata condotta su circa 1.130 pazienti americani e ha esaminato i costi di tutti i cicli di terapia, valutandoli secondo alcuni parametri tra cui i costi medi dei farmaci e i costi delle terapie acute. I risultati dello studio seppur in un contesto sanitario diverso da quello italiano, hanno messo in luce come bevacizumab sia il farmaco da privilegiare in termini economico-sanitari per i pazienti con mutazione KRAS wild-type a fronte di 66 mila dollari di costi totali contro i 105 mila della combinazione con cetuximab. “I risultati dello studio CALGB mostrano come i farmaci biologici abbiano portato un miglioramento nella sopravvivenza dei pazienti che convivono con un tumore al colon-retto, con la mediana di sopravvivenza che ha superato i 31 mesi nei soggetti metastatici. Ciò significa che più della metà di questi pazienti ha vissuto più di due anni e mezzo con una malattia metastatica, un risultato che fino a pochi anni fa non era ipotizzabile. In tutto ciò bevacizumab – ha commentato Stefano Cascinu, Direttore della Clinica di Oncologia Medica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria ‘Ospedali Riuniti di Ancona’ e past president dell’Associazione italiana di oncologia medica (AIOM) – gioca un ruolo fondamentale nel trattamento di tutte le tipologie di pazienti, contribuendo al raggiungimento degli importanti risultati sulla sopravvivenza”.

Condividi