La Cina alla conquista dello spazio: 10 anni fa la missione Shenzhou 6

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La Shenzhou 6 ha segnato progressi evidenti rispetto alla precedente missione cinese con uomini nello spazio

Dieci anni fa partiva la Shenzhou 6, la seconda missione spaziale cinese che ha portato in orbita gli astronauti cinesi, a due soli anni dalla prima, la Shenzhou 5, del 2003. Con il successo della prima missione spaziale, la Cina e’ diventato il terzo Paese al mondo a mandare indipendentemente uomini nello spazio, dopo l’ex Unione Sovietica e gli Stati Uniti. Protagonisti del viaggio in orbita di cinque giorni sono stati i taikonauti (questo il nome che viene dato agli astronauti cinesi) Fei Junlong e Nie Haisheng, partiti dalla base di lancio di Jiuquan, nel deserto dei Gobi, il 12 ottobre 2005, e atterrati dopo cinque giorni, il 17, nell’area di Siziwang, in Mongolia Interna. La Shenzhou 6 e’ rimasta in orbita per altri 180 giorni, per proseguire nel lavoro di raccolta di dati tramite test ed esperimenti scientifici. Al ritorno sulla terra, gli astronauti hanno ricevuto i complimenti dell’allora primo ministro, Wen Jiabao, che ha sottolineato lo scopo pacifico della ricerca spaziale cinese, anche se alcuni esperti ritengono che la missione avesse anche fini militari. La Shenzhou 6 ha segnato progressi evidenti rispetto alla precedente missione cinese con uomini nello spazio. Il primo astronauta cinese, Yang Liwei, e’ rimasto in orbita solo 21 ore e mezzo, contro i cinque giorni dei due uomini a bordo della Shenzhou 6, dotata di un equipaggiamento di bordo piu’ sofisticato della precedente navicella spaziale. In particolare, le maggiori novita’ riguardavano un sistema video che permetteva gli astronauti di controllare il momento in cui la capsula che li conteneva si sarebbe staccata dal razzo a cui era agganciata, il Long March 2-F, e un sistema di fuga piu’ avanzato in caso di emergenza. Lo spazio a disposizione era poi maggiore: la Shenzhou 6 poteva ospitare fino a tre persone, con grande liberta’ di movimento per i due astronauti cinesi. La Shenzhou 6 segnava un nuovo passo in avanti nella corsa allo spazio cinese, che in quegli anni si stava imponendo come potenza spaziale a livello internazionale, recuperando decenni di arretratezza nel settore (il lancio del primo satellite risale al 1970). Nel corso degli anni, la Cina avrebbe segnato anche altri traguardi, come il primo modulo orbitale interamente cinese, il Tiangong-1, o il primo allunaggio del Chang-e 5, il primo rover con bandierina cinese a esplorare il suolo lunare, a fine 2013. Anche in quel caso, la Cina si classificava al terzo posto dietro Stati Uniti ed ex Unione Sovietica per la presenza sulla luna di un proprio apparecchio. Mentre negli ultimi dieci anni Pechino bruciava le tappe della conquista dello spazio, gli Stati Uniti segnavano il passo. Gli ultimi bilanci di quest’anno segnano l’alternarsi della superpotenza e della potenza emergente: all’epoca del lancio dell’Apollo, gli investimenti nello spazio di Washington contavano per il 4,5% delle spese statali, mentre oggi equivalgono solo allo 0,5%. Le spese annuali per il programma spaziale cinese ammontano oggi a circa due miliardi di dollari, secondo le stime degli esperti. Il programma spaziale e’ motivo di vanto per la Cina e le missioni di oggi sono sempre piu’ “made in China” rispetto alle prime, che traevano beneficio dalla tecnologia russa. Pechino ha grosse ambizioni: tra i prossimi traguardi ci sono la prima stazione spaziale cinese, la Tiangong-2, di cui una parte dovrebbe andare in orbita il prossimo anno, e nel 2018 dovrebbe ospitare il primo equipaggio cinese. Entro i prossimi dieci anni, secondo le stime degli scienziati cinesi, e’ previsto anche il primo allunaggio di un essere umano.

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