Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, nonostante l’avviso contrario del Presidente del Consiglio dei Ministri, il 26 novembre volò in elicottero nelle zone terremotate
Il prossimo 23 novembre 1980 ricorre l’anniversario del gravissimo terremoto che colpì l’Irpinia e i territori centro-settentrionali della Basilicata, che provocò 2.914 decessi, 8.848 feriti e 280.000 sfollati. Una ferita che ancor di più lacerò la Nazione in un tragico anno che si era aperto con l’assassinio di Piersanti Mattarella a Palermo, proseguito con il vile, mortale agguato all’ing. Sergio Gori a Mestre (in quanto dirigente del Petrolchimico di Porto Marghera, già occupato nel polo Petrolchimico brindisino) ed ancora con il martirio di Vittorio Bachelet, vice Presidente del CSM, a Roma, sulle gradinate della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza”, poi con l’attacco terrorista nella stazione di Bologna del 2 agosto 1980, quando, alle 10.25, un ordigno mimetizzato in un normale bagaglio, segnò la vita di 85 innocenti persone.
Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, nonostante l’avviso contrario del Presidente del Consiglio dei Ministri, Arnaldo Forlani, il 26 novembre volò in elicottero nelle zone terremotate, colse le proporzioni ingentissime dei danni (provocate dal sisma di magnitudo 6,9 della scala Richter e del 10° grado della scala Mercalli), verificò i ritardi nei soccorsi e raccolse il grido di dolore delle popolazioni tanto colpite e si impegnò direttamente nella necessità immediata dell’emergenza.
Fu una visita di breve durata e di intensa partecipazione emotiva, della quale a distanza di così tanti anni se ne mantiene indelebile la traccia.
Lo stesso Capo dello Stato accertò che la legislazione voluta dal Parlamento in materia di Protezione Civile praticamente risultava non efficace, in quanto privata dei Regolamenti di attuazione, che avrebbero dovuto accompagnare l’importante, originale normativa in materia di calamità naturali. Disse Pertini: “Ho assistito a degli spettacoli che mai dimenticherò. Interi Paesi rasi al suolo, la disperazione poi degli sopravvissuti vivrà nel mio animo. Io sono stato avvicinato dagli abitanti delle zone terremotate che mi hanno manifestato la loro disperazione e il loro dolore, ma anche la loro rabbia. Ancora dalle macerie si levavano gemiti, grida di disperazione di sepolti vivi. E i superstiti presi di rabbia mi dicono: ma noi non abbiamo gli attrezzi necessari per poter salvare questi nostri congiunti, liberarli dalle macerie”.
Infatti, il Presidente rientrato quella stessa sera a Roma decise di rivolgersi a tutti gli Italiani con un messaggio alla Nazione, trasmesso a “reti unificate radiofoniche e televisive” di indubbio effetto monitorio. Era già saltata la testa del Prefetto di Avellino e anche il Ministro dell’Interno, Virginio Rognoni, presentò le sue dimissioni (poi ritirate a seguito di un chiarimento tra lo stesso Capo dello Stato, il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro).
L’auspicio conclusivo di quella insolita, accorata comunicazione del Presidente ai Connazionali terminava con l’appello: “che sorge dal mio cuore a tutti gli Italiani e alle Italiane: qui non c’entra la politica, qui c’entra la solidarietà umana, tutte le Italiane e gli Italiani devono mobilitarsi per andare in aiuto a questi fratelli colpiti da questa nuova sciagura. Perché, credetemi, il miglior modo di ricordare i morti è quello di pensare ai vivi”.
Proprio a seguito del terremoto del 1980 si innova profondamente il rapporto tra il Presidente della Repubblica, rappresentate dell’unità nazionale e garante dell’equilibrio costituzionale, e il popolo. Il Presidente, considerandosi il “primo impiegato dello Stato”, si rapportava direttamente a tutti i cittadini con la modifica, sostanzialmente, della caratura istituzionale di un ruolo che fino ad allora aveva assunto connotazione e fisionomia molto formali e quasi autoreferenziali per il solo circuito delle istituzioni politiche e rappresentative.
Nel considerare già il Quirinale “casa degli Italiani” e avvicinarsi – come fa in questa circostanza drammatica – alle reali condizioni del popolo, evolve profondamente la missione del Presidente al vertice dello Stato.
Tanto, il potere di esternazione presidenziale con discorsi, dichiarazioni e commenti a caldo che si articola dal più tradizionale “potere di messaggio”, ex art. 87 Cost.; quanto, novità incisive in materia di decreti legge, di formazione dei governi e, soprattutto, di capacità dialogica spontanea, immediata e personale con l’opinione pubblica determinano il rilevante cambiamento nella immagine del Presidente della Repubblica, figura di vertice del sistema.
A distanza di anni, da quei momenti, il nostro pensiero va, ora, anche alla stagione che l’Italia ha conosciuto durante il fenomeno del terrorismo e che ha trovato argine e muraglia risoluta nella capacità di iniziativa che Sandro Pertini Presidente ha inteso esprimere dal Palazzo del Quirinale, nel Paese e presso le Cancellerie internazionali.
Davanti agli operai di Porto Marghera egli levò la sua voce, sensibilizzando le coscienze con poche, secche parole, da assoluto combattente: “Il Quirinale non è un posto dove oziare ma l’avamposto sulla lotta al terrorismo”.
Dunque, un modo d’essere vigoroso ed efficace per muovere lo spirito di tutti; insegnamento di allora come lo può essere per l’oggi, davanti ai nuovi rigurgiti di terrore e sangue che scuotono il nostro Continente e con esso l’Italia: “ponte che unisce l’Europa con il Medio Oriente e l’Africa. Se saltasse questo ‘ponte di democrazia’ verrebbe sconvolto non solo il Mediterraneo ma il mondo intero e la pace sarebbe messa in serio pericolo. Quindi noi ci battiamo ostinatamente senza cadere alla violenza e al terrorismo.” Profetiche parole che Sandro Pertini pronunciò in Puglia, quanto a Turi, il 2 marzo 1980, egli tornò da Presidente della Repubblica nella stessa cella di confinato politico del regime fascista, decenni prima.
di Enrico Cuccodoro, Docente di Diritto Costituzionale, Università del Salento
Coordinatore nazionale per la libertà e la giustizia sociale “Sandro e Carla Pertini”