Oggetto dello studio in particolare gli squali di Port Jackson, una specie migratrice stagionale
Uno studio dell’Università di Adelaide, Australia, pubblicato sulla rivista Scientific Reports, ha mostrato che la capacità degli squali di cacciare e di aumentare in dimensioni sarà drammaticamente colpita dal riscaldamento e dall’acidificazione degli oceani, previsti entro fine secolo. Le conseguenze si rifletteranno sulla capacità degli squali di soddisfare la propria domanda di energia, con effetti anche sulla catena alimentare. Oggetto dello studio in particolare gli squali di Port Jackson, una specie migratrice stagionale, che prende il nome dal luogo in cui vengono ospitati, una baia nel sudest dell’Australia: si è osservato che gli esemplari impiegavano più tempo a trovare cibo e in alcuni casi non provavano nemmeno; inoltre, la combinazione di acque più calde e di alto CO2 aumenta la domanda di energia, ne riduce l’efficienza metabolica e la capacità di localizzare il cibo attraverso l’olfatto: ne consegue una marcata riduzione nella crescita corporea. “In acque più calde gli squali avranno più fame, ma con l’aumento della CO2 non saranno più in grado di trovare il cibo“, dichiara Ivan Nagelkerken, tra gli autori dello studio. “A causa della ridotta capacità di cacciare gli squali non saranno più in grado di esercitare lo stesso controllo di adesso sulla catena alimentare marina, controllo essenziale per il mantenimento di ecosistemi oceanici sani“.