Spazio: dopo la lattuga romana e le zinnie, presto arriveranno anche i pomodori

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E’ di pochi giorni la notizia che, sulla Stazione Spaziale Internazionale, sono sbocciate le zinnie. Un’equipe di scienziati ha, infatti, curato e studiato la capacità di questi fiori di poter sbocciare nello spazio. Le zinnie sono state scelte non per la loro bellezza, ma per caratteristiche simili a quelle dei pomodori rossi. Precedentemente altri esperimenti hanno avuto come protagonisti, invece, la lattuga romana. Com’è possibile però far crescere queste piante in assenza di gravità? “Far sbocciare un fiore nello spazio non è proprio come gestire l’orto sul balcone. La vita in assenza di gravità comporta delle complicazioni non trascurabili. Ad esempio, una complicazione è legata all’irrigazione: l’acqua forma sfere che galleggiano come bolle di sapone anziché imbibire il terreno“, spiega Renato Bruni, esperto di Biomimetica e autore del libro “Erba Volant. Imparare l’innovazione dalla piante” (Codice Edizioni).

fiori spazioI primi esperimenti hanno avuto inizio nel 1990, ma la zinnia è stato il primo fiore per cui sono state creare le condizioni favorevoli a fiorire e che ha avuto successo. Oltre all’assenza di gravità, bisogna considerare la necessità: di creare condizioni quasi sterili, di una ventilazione costante oltre il pericolo dato dalle radiazioni. “Alcuni decenni fa, i russi hanno portato in orbita sulla stazione Mir dei semi di pomodoro e li hanno riportati sulla Terra dopo alcune settimane: avevano subito mutazioni genetiche 20 volte superiori a quelle ordinarie sulla terra e una volta piantati molti non sono stati più in grado di germinare“, racconta Bruni. Grazie a Veggie, le piante crescono “in una celletta contenente dei panetti a base di un’argilla speciale molto compatta, arricchita con un fertilizzante a lento rilascio. Ogni celletta è dotata di illuminazione a Led regolabile anche nel colore oltre che nell’intensità – spiega l’esperto -. Tramite questi esperimenti stiamo scoprendo che le piante si adattano alla vita nello spazio grazie alla loro innata flessibilità, la stessa che ha permesso loro di colonizzare ogni angolo del pianeta, molto prima di noi“.

piante spazio “Ora la Nasa sa che si possono ottenere fiori e quindi può passare al livello successivo: produrre dei frutti”. Questo è necessario “se vogliamo provare a fare viaggi più lunghi nello spazio dobbiamo trovare il modo di sfamare gli astronauti. La strada per fare come Matt Damon, che in The Martian coltiva patate per sopravvivere sul pianeta rosso, è ancora lunga ma da qualche parte bisogna iniziare. Nell’idea della Nasa poi, dovrebbero servire anche come svago e come compagnia per gli astronauti, per il morale, insomma”. “Le informazioni raccolte con questi esperimenti servono a capire meglio il comportamento e il funzionamento delle piante anche sulla Terra. Perché non sappiamo ancora tutto e scopriamo su di loro sempre qualcosa di nuovo. Ad esempio stiamo scoprendo quali sono i cambiamenti che permettono alle piante di adattarsi alla vita nello spazio grazie alla loro innata flessibilità“. La flessibilità però porta a dei cambiamenti.

Scott Kelly zinnia arancione spazio issAd esempio si è visto che senza gravità i rampicanti perdono la loro capacità di intrecciarsi attorno a un sostegno e dato che questo dipende molto dalla produzione di alcuni ormoni è probabile che tutto il sistema ormonale delle piante subisca forti modificazioni nello spazio“. Nel caso della lattuga romana poi, vi è un altro problema: quello del sapore. “Senza gravità, con luce artificiale, senza la compagnia di altre piante e dei tanti microrganismi che le accompagnano su foglie e radici le piante sintetizzano altri composti. Ad esempio producono meno lignina, sostanza che fa assumere ai fusti una consistenza coriacea, ovvero restano più tenere e come le loro omologhe in serra tendono a produrre meno composti volatili, quelli che conferiscono profumo. Diventano anche più grandi, ad esempio le zinne fiorite nei giorni scorsi hanno dimensioni maggiori del solito“. E sono stati congelati per essere poi studiati sulla Terra.

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