La metà dei barattoli di miele venduti in Italia, arrivano dall’estero. A renderlo noto è Coldiretti, secondo cui ci sarebbe stato un “record di importazioni“, che nel 2015 ha raggiunto i 23,5 milioni di chili. Si sarebbe trattato di “una vera invasione“: lo scorso anno sono arrivati nel nostro Paese dall’Ungheria 7,4 milioni di chili di miele; seguono la Cina con 4,8 milioni di chili, quasi il doppio rispetto 2104 e la Spagna che con 2,3 milioni di chili sorpassa la Romania, comunque in crescita con 1,9 milioni di chili. In ogni caso, spiega Coldiretti, tiene bene la produzione italiana, che ammonta a circa 23 milioni di chili. Non mancano, però, i rischi. Primo fra tutti, quello di “portare in tavola prodotti spacciati per Made in Italy, ma provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità“. Cosa può fare il consumatore per tutelarsi? “Occorre verificare con attenzione – dice Coldiretti – l’origine in etichetta oppure rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica. Il miele prodotto sul territorio nazionale, dove non sono ammesse coltivazioni Ogm (a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina e in Romania), è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria“. Inoltre, “la parola ‘Italia’ deve essere presente sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’Unione Europea, l’etichetta deve riportare l’indicazione ‘miscela di mieli originari della CE'”. Se invece, il prodotto proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta ‘miscela di mieli non originari della CE‘, mentre se si tratta di un mix va scritto ‘miscela di mieli originari e non originari della CE‘.
“Il problema – rileva Coldiretti – è però che le stesse regole non valgono se il miele viene usato come ingrediente, come accade nei biscotti e negli altri dolci dove la presenza di prodotto straniero non viene dichiarata in etichetta“. “Un danno che va sanato – spiega l’associazione – poiché colpisce un settore, quello nazionale, che conta circa 50mila apicoltori, con 1,39 milioni di alveari e un giro d’affari stimato di 70 milioni di euro. Per non parlare del servizio di impollinazione reso all’agricoltura, valutato da 3 a 3,5 miliardi di euro. La produzione media per alveare, nelle aziende apistiche professionali (sono circa 2000 quelle che gestiscono più di 150 alveari) è di circa 33.5 kg/alveare mentre la media nazionale generale si aggira intorno ai 17,5 kg/alveare“.