Pellet, più chiarezza per evitare il caos

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Attenersi alla normativa europea che chiarisce come non sia necessario indicare sul packaging del pellet il luogo di origine della materia prima. La qualità del pellet dipende infatti dal tipo di legno scelto (necessariamente legno vergine) e dal processo utilizzato per la sua trasformazione da parte del produttore, che diventa quindi il garante assoluto del prodotto. Un requisito indispensabile che va recepito anche da forze dell’ordine e personale delle dogane per evitare blocchi e sequestri ai porti come è accaduto in Italia negli ultimi mesi, mettendo a rischio centinaia di imprese di produzione e commercio del pellet.
A dare l’allarme è l’austriaca HS Holzexport Schuster, specialista del pellet in Italia, che ha lanciato un primo SOS una settimana fa alla Fiera Progetto Fuoco di Verona, e che oggi ritorna all’attacco per difendere l’intero settore, forte anche del sostegno di Christian Rakos, presidente di European Pellet Council (EPC, organismo di tutela dei produttori del comparto).

Il mercato
Il rischio è che salti l’intero mercato di questo settore che vale 18,8 milioni di tonnellate in Europa, di cui 3 milioni consumate nel nostro Paese (per il 90% ad uso domestico) che risulta il maggior utilizzatore in Ue. Sul territorio nazionale il consumo del pellet è concentrato perlopiù nel Nord Ovest (31% pari a 899 mila tonnellate annue) e Nord Est (26%, 754mila). Seguono il Centro (20%, 580mila), il Sud (16%, 464 mila) e in misura minore le isole (7%, 203mila). (fonte AIEL Associazione Italiana Energie Agroforestali)

La legge comunitaria
“In un mercato unico e all’alba del terzo millennio non ci si può più permettere di giudicare la qualità dal paese di origine di un prodotto “ ha sostenuto Fabio Brusa (esperto in diritto commerciale e doganale) al workshop ‘Il pellet è chiaro, la legge no’ che ha acceso la miccia delle polemiche durante la fiera veronese. “La normativa Ue – ha spiegato Brusa – è molto chiara: non impone di indicare la provenienza e non lascia spazio a interpretazioni, anche per evitare discriminazioni fra i Paesi della Ue. Tutto ciò che avviene all’interno dei nostri confini comunitari è commercio, non è importazione.”

Le Soluzioni
Secondo Christian Rakos, presidente di European Pellet Council, due sono i criteri fondamentali a cui distributori e consumatori devono attenersi: la presenza del marchio del produttore, la presenza di un marchio tecnico di certificazione della qualità, come EN Plus, e ovviamente il colore del prodotto: più chiaro è, più si avvicina al massimo standard di qualità, per ciò che attiene i residui da combustione e la pulizia dell’impianto. Al presidente Rakos fa eco Annalisa Paniz di Aiel, che sostiene la necessità di educare la Grande distribuzione, i consumatori, i commercianti ma anche le forze dell’ordine, non solo alla normativa vigente nella UE, ma anche a riconoscere la marcatura di qualità EN Plus, che parla di prestazioni del prodotto. “Riuniamo i produttori di 37 paesi – ribadisce Paniz – certifichiamo 5 milioni di tonnellate di prodotto in 5 continenti: se la qualità dipendesse dal Paese si origine, vorrebbe dire che esistono per lo meno 37 qualità di pellet differenti…”. Da qui la proposta di Schuster, sostenuta dagli operatori del settore, di premere affinché la normativa Ue vigente sia conosciuta da tutti, rispettata, spiegata agli operatori del settore ma anche alle famiglie e ai consumatori con un linguaggio semplice e chiaro, anche sul packaging.

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